La cultura come motore della crescita economica. Le decisioni del sistema politico
Nel febbraio scorso l’Associazione Forum del Libro ha avuto l’encomiabile idea di rivolgersi ai candidati alle elezioni 2013, chiedendo loro l’impegno “a operare nella prossima legislatura a favore del libro e della lettura”. Da allora ad oggi, per come si sono evolute le questioni politiche, l’appello è rimasto lettera morta. Che sia stato completamente inascoltato non ci meraviglia più di tanto. Che alla cultura, e in particolar modo alla lettura, gli amministratori del nostro Paese non hanno mai riservato una qualche considerazione è risaputo. Quando invece in Europa, dall’Irlanda alla Svezia, dalla Francia all’Olanda, dalla Danimarca alla Finlandia, è tutto un fiorire di strategiche iniziative al fine di perseguire la promozione della lettura e della cultura. In Germania, solo per citare un caso specifico, malgrado le attuali condizioni economiche non siano troppo felici, il governo federale ha aumentato per il 2013 dell’8% l’ammontare del bilancio da destinare alla cultura. Da noi, al contrario, la cultura è sempre il primo a passare inesorabilmente sotto la mannaia dei tagli e delle ristrettezze. Ancora non si riesce a comprendere che esiste, come è stato accertato, una stretta corrispondenza tra la lettura e una migliore qualità della vita in senso complessivo: finanche là dove non immagineremmo mai che potesse giungere la sua influenza: minore corruzione, criminalità e discriminazioni.
Se esiste qualche isolato organismo di buona volontà nel mezzo dell’anemico quadro nazionale, questi non sono in grado di assicurare neppure le basi di una politica promozionale. Occorrerebbe una legge articolata che elaborasse un principio su cui innestare progetti e programmi che favorissero la crescita della cultura in senso orizzontale. Se ne avvantaggerebbero la creatività, l’innovazione tecnologica, la scienza, l’economia. Infatti, ove la lettura è parte integrante del tessuto sociale anche il reddito è più elevato. Allora “cultura” assume il significato di “motore sociale”, ossia forza trainante, locomotiva che spinge in avanti la condizione umana. Ciò vuol dire che il progresso passa attraverso la meditazione, la valutazione, la ponderatezza che sono i pilastri della mediazione, ovvero trarre il meglio dal singolo per avvantaggiare il tutto. Dal particolare al generale e, qui, generale sta per collettività. L’affermazione della cultura allarga le conoscenze, fortifica il valore della democrazia, difende dagli interessi egoistici di parte, completa la coscienza dell’uomo, estende il desiderio di collaborazione.
Non rimane da sperare che nella prossima Arca di Noè (si legga: Parlamento): i nostri rappresentanti assegnino alla cultura la priorità che la contemporaneità richiede per la formazione e il miglioramento degli individui. Non siano “muli” insensibili a cui, per usare le sarcastiche parole di Giuseppe Giusti, “die natura più forte il calcio, ed i coglioni per coglionatura”. Non ritengano la lettura, come ha scritto Gustavo Zagrebelsky, una faccenda superflua. Ma rendano piuttosto testimonianza di affrontare seriamente e con urgenza la questione, dimostrando d’aver compreso quanto la cultura abbia una incontrovertibile funzione sociale.