Un D’Annunzio popolare e di “sinistra” nel libro curato da Emiliano Cannone
Fu Gabriele D’Annunzio un secolo fa, e non Beppe Grillo o Stella & Rizzo, a coniare il termine ‘Casta’ per denunciare la classe dirigente corrotta e incapace nell’Italia del primo Novecento. E da allora nulla è apparentemente cambiato, anzi le cose sono andate progressivamente peggiorando. Tornare a più di un secolo fa può servire tuttavia a farsi un’idea più precisa di ciò che oggi ci troviamo di fronte. E in questo ci aiuta un bel libro curato dal professor Emiliano Cannone, appena stampato per i tipi della Tre Editori di Roma: G. D’Annunzio, ‘Manuale del Rivoluzionario’.
“Sembra che l’Italia non possa assistere allo spettacolo che offre la casta politica se non con le narici turate, come quei cavalieri dei suoi vecchi affreschi fermi davanti ai cadaveri nelle bare brulicanti di vermi e senza coperchio“, scriveva D’Annunzio tra le due guerre, aggiungendo con un grido: “Basta! Questa parola, con uno scoppio formidabile, noi la grideremo in piazza Montecitorio e sulla piazza del Quirinale: Basta! Cominciate a gridarla con tutti i vostri polmoni. Ma abbiate anche i pugni pronti“.
Parole aspre di sfida e di rivolta che si coniugano alla sorprendente difesa dei lavoratori, a un internazionalismo di sinistra – sì di sinistra – e a un trasversalismo rivoluzionario sorprendente. Sorprendente almeno per chi del Vate conservava l’immagine stereotipata creata nei decenni da una critica miope e superficiale e dall’errata convinzione in base alla quale un intellettuale non può essere anche un uomo d’azione. Circostanza che nocque anche a Ernest Hemynguay, inizialmente stroncato in Italia, immaginate da chi? Da Moravia sull’Espresso!
Il ‘Manuale del Rivoluzionario’ muta radicalmente il modo in cui d’ora in poi guarderemo a D’Annunzio, sia dal punto di vista delle posizioni politiche che letterarie. Un ‘Manuale’ che è un’antologia: dalle lettere, dai discorsi, dalle opere e dai proclami, la quale, come un vaso di Pandora, si scoperchia abbagliandoci con gli inaspettati, e fin qui quasi sempre ignorati o sottovalutati, aspetti rivoluzionari di d’Annunzio che, lungi dall’essere ”il precursore del Fascismo”, col quale ebbe frequenti scontri, venne ammirato da Lenin che lo definì “l’unico rivoluzionario che c’è in Italia” e con il quale Gramsci auspico un dialogo costruttivo.
Un lavoro di ricerca attento e appassionante, quello di Cannone che, nel 150 anniversario della nascita, ci restituisce un D’Annunzio scintillante di nuovo, combattente ma anarchico, nazionalista ma per “un comunismo senza dittatura“, che auspica una rivolta contro la “casta politica“, contro le potenze egemoniche e i poteri forti. Il ‘Manuale’ è un vero e proprio Libretto Rosso del Poeta Armato che mette in gioco arditamente se stesso nel corpo e nello spirito, si va a sedere sui banchi della sinistra in parlamento per ‘’andare verso la luce’’, e fustiga senza quartiere l’Italia corrotta e imbelle. E dall’esperienza di Fiume, invita a insorgere contro l’ingiustizia e l’oppressione, per un Nuovo Ordine politico e sociale e una vera Europa dei popoli. Ma anche per un ‘esercito liberatore’, contro i privilegi e per il ‘popolo lavoratore’. Il libro è arricchito da un capitolo intitolato ‘Hanno detto di lui‘ in cui personaggi celebri, da Lenin a Gramsci fino agli anarchici e ai nemici, interpretano lo spirito rivoluzionario e meravigliosamente imprevedibile dell’autore del Piacere.
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