Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, analizza la crisi dell’Euro e attacca il rigore della Germania
La Germania non ha permesso che il costo del lavoro per unità di prodotto crescesse. Con questa politica ha violato le regole del patto di stabilità e crescita, ci racconta in un’intervista l’economista tedesco Heiner Flassbeck .
Herr Flassbeck, sui mercati finanziari c’è grande nervosità per il modo in cui Cipro dovrà essere salvato. Si teme che i risparmiatori corrano a ritirare il denaro dai conti. Cosa pensa di cio’ che sta accadendo?
Estremamente irragionevole. Come accade ogni volta con i cosiddetti salvataggi. Non sono sistematici, perché non affrontano il vero problema.
Dal suo punto di vista, qual’è il vero problema di Cipro?
Lo stesso di tutti i paesi del sud Europa, vale a dire: non sono piu’ competitivi. Il problema centrale di ogni sistema monetario è che deve dimostrare di poter funzionare. E funziona solamente se produce crescita e sviluppo. E questo non è il caso europeo. La gente perde la fiducia nella moneta non solo in caso di iperinflazione, ma anche se l’unico risultato è la disoccupazione di massa. E’ necessario normalizzare i flussi di reddito e farli tornare positivi. Se non si risolve questo problema, sarà impossibile risolvere gli altri, cioè i debiti o il problema dei risparmiatori a Cipro.
Come si potrebbe fare?
La situazione attuale la si potrebbe risolvere con una crescita dei flussi di reddito. Se i vari paesi sono troppo indebitati, nei prossimi 10 anni dovranno produrre un reddito tale da permettere loro di ripagare i debiti. Per un paese il taglio del debito non è mai una soluzione. Far partecipare i risparmiatori è la cosa piu’ stupida che si possa fare per risanare un paese.
Come si arriva alla crescita?
Si avrà sviluppo economico solo con una politica completamente diversa. Al momento nell’area Euro solo la politica monetaria è amica della crescita. Quella fiscale invece resta profondamente prociclica, e anche la domanda estera non genera crescita a causa dei problemi di competitività del sud Europa. A rigor di logica, in una comune unione monetaria, il paese che se lo puo’ permettere, dovrebbe crescere. E cio’ è particolarmente vero per la Germania. Gli altri paesi che non se lo possono permettere dovrebbero crescere esternamente grazie all’export. Ma la Germania lo impedisce. Ma cio’ potrebbe accadere solo se la domanda in Germania crescesse con forza. Ma se la Germania continua a risparmiare a oltranza, non si otterrà nulla di tutto cio’. Da qualche parte deve necessariamente arrivare uno stimolo positivo. E non è possibile ottenerlo solo con un miglioramento della competitività nel sud Europa.
Perchè no?
Quello che i paesi del sud Europa stanno facendo è: tagliare i salari. Ma la riduzione dei salari porta ad una forte compressione della crescita, perchè grava sulla domanda interna. La domanda interna, però, in Spagna, Francia, Portogallo e Italia è pari al 75% della domanda complessiva.
Come se ne esce?
I paesi devono superare una barriera politica. Devono fare come la Spagna e raggiungere il 25% di disoccupazione. E allora prima o poi arriverà la competitività a redimerli. Purtroppo politicamente non puo’ funzionare. I governi non sopravviveranno politicamente.
Ma in Spagna siamo già oltre il 25%
Sì, e si renderanno conto che non potranno sopravvivere politicamente. Basta aspettare. In Italia e in Francia con queste politiche non abbiamo ancora iniziato. Il secondo punto è questo: maggiore è il numero di paesi a fare la stessa manovra, piu’ la politica economica sarà anti-crescita nel suo complesso. In un’unione monetaria non è possibile che tutti i membri migliorino la competitività in contemporanea. Quando Frau Merkel dice, miglioriamo tutti insieme la nostra competitività, sta dicendo una falsità. La competitività è un concetto relativo. La si puo’ migliorare solo rispetto a qualcun’altro, non in assoluto. Per questo nella zona Euro c’è bisogno della domanda interna. La si potrebbe stimolare, se la Germania fosse disponibile a creare domanda interna.
Che cosa potrebbe fare in concreto la politica tedesca?
Prima di tutto dovrebbe smetterla di fare pressione sugli altri paesi, spingendoli con forza in una durissima recessione causata da una manovra fiscale restrittiva. Oppure detto in altro modo: finirla con la politica del rigore. Secondo punto: la Germania deve riconoscere la propria responsabilità – non solo per i crediti e le garanzie concesse al fondo ESM. La Germania deve riconoscere il proprio ruolo in una prospettiva di sviluppo economico e dire: da noi cresceranno i salari.
Ma la politica tedesca non ha un ruolo nelle trattative salariali. Da noi c’è l’autonomia contrattuale delle parti.
Quando è stata fatta l’Agenda 2010 e tutto il resto, nessuno ha parlato di autonomia contrattuale. C’è stata una forte pressione sui sindacati. I sindacati sono stati smantellati, in particolar modo nella Germania dell’est. La politica ha sempre avuto un’influenza molto forte. Dovrebbero sedersi tutti ad un tavolo, come hanno fatto nel 1999, e dire agli imprenditori: i salari sono diminuiti per 10 anni, adesso dovranno crescere.
Sta chiedendo un cambio di paradigma?
Sì, assolutamente. Questi festeggiamenti per i 10 anni dell’Agenda 2010 sono ridicoli. Adesso si vuole festeggiare, ma il resto d’Europa è finito con le spalle al muro. Si festeggia perché qui c’è un po’ piu’ di occupazione. Ma in realtà sono solo i posti di lavoro sottratti al sud Europa
Non mi pare un programma che possa essere realizzato in tempi brevi
E’ vero, non è realistico. Ma se non è realistico, allora significa che andremo a sbattere contro il muro
Che cosa significa?
Ci dobbiamo chiedere prima di tutto che cosa succederà in Francia e in Italia. Alcuni paesi hanno già ridotto il loro costo del lavoro per unità di prodotto – non molto nei confronti della Germania, ma sicuramente nei confronti di Italia e Francia. Questo significa, la pressione su Francia e Italia per fare la stessa manovra è sempre piu’ forte. Ma se la Francia e l’Italia applicano un programma come quello spagnolo o greco, l’intera Europa finisce in depressione.
E che succede allora?
Allora arriva una domanda interessante, che si pone sempre in queste situazioni: esiste da qualche parte un politico, con capacità di leadership oppure la conoscenza necessaria e che sappia urlare abbastanza forte da far credere alla gente di poter risolvere il problema? Sono quelli come Beppe Grillo che dicono: fuori da qui, torniamo a fare le cose come vogliamo noi. E allora l’Europa si rompe. Ritornano le guerre commerciali. L’intero commercio che abbiamo costruito negli ultimi 50 anni, ce lo possiamo scordare. Perchè tutti i paesi inizierebbero a combattere per poter vivere ordinatamente all’interno dei loro stessi confini.
Ma non si potrebbe far capire agli europei che quello che sta accadendo è sicuramente doloroso ma necessario? Che in alcuni paesi qualcuno dovrà pagare il conto per gli eccessi degli anni dell’unione monetaria?
La Francia non ha esagerato. La Francia è stato il solo paese ad essersi attenuto alle regole dell’unione monetaria. Il costo del lavoro è cresciuto coerentemente con la produttività nazionale e con gli obiettivi di inflazione. La Germania ha violato le regole, e anche il sud Europa non le ha rispettate. Come si fa a spiegare al popolo francese che dovranno passare attraverso tutte le sofferenze già vissute dai greci? Vivo già da 10 anni in Francia. Le posso raccontare quello che succede: la gente scende in piazza, ma in dimensioni che noi non possiamo nemmeno immaginare. E nessun governo al mondo, nemmeno il governo Hollande, riuscirebbe a sopravvibere per piu’ di 4 settimane.
Una delle sue tesi è che la Germania in rapporto all’obiettivo di inflazione della zona Euro pari al 2%, fin dall’ingresso nell’unione monetaria, ha tollerato un aumento del costo del lavoro troppo contenuto. Nella politica tedesca esiste la consapevolezza di questo problema?
Al Ministero delle Finanze per sei mesi…
Vale a dire fino a quando Oskar Lafontaine è stato Ministro delle Finanze e lei sottosegretario di stato…
C’è stata un’analisi economica fatta dal governo nel 1999, nel quale si parlava di questo problema. Ed io ho cercato di impostare un dialogo macroeconomico affinché nell’Eurozona si introducesse una politica salariale legata alla produttività nazionale. Ma sia la politica tedesca che la BCE non l’hanno voluta. Dopo la nostra partenza, gli Schröderiani hanno semplicemente fatto quello che il main-stream economico gli ha suggerito, soprattutto il Consiglio dei Saggi economici. I funzionari della Cancelleria hanno copiato quello che il Consiglio dei Saggi suggeriva. Era l’Agenda 2010. Credo che nessuno in quel momento stesse pensando all’Europa. Ma nell’industria dell’export tedesca, sono certo, sono stati in molti a fregarsi le mani: adesso le cose iniziano ad andare bene. E poi è arrivato il governo che attraverso i sindacati gli ha dato il via libera, e a questo punto hanno potuto approfittarne. Esattamente per questa ragione ci troviamo di fronte alle macerie d’Europa.
Prende in considerazione l’uscita di alcuni membri importanti?
In un’unione monetaria uscire è l’operazione piu’ difficile. Chi dice, lasciamo affondare Cipro, non ha alcuna idea. Dove andrebbe a finire Cipro? In un’unione monetaria non puo’ esserci un’assenza di stato come accade in Somalia. Non è nemmeno possibile introdurre una nuova moneta in una notte. Se c’è il pericolo che un paese esca – non puo’ restare un segreto, deve essere preparato per anni – le persone sono prese dal panico e ritirano il loro denaro. A quel punto il sistema finanziario in quei paesi collassa.
Allora meglio nessuna uscita?
Piu’ ci penso, e piu’ sono convinto che la soluzione potrebbe essere: qualche paese del sud Europa forma un’alleanza, possibilmente con Francia e Italia, e dice: usciamo tutti insieme. E allora potrebbe funzionare. Bisogna naturalmente accordarsi su un tasso di cambio piu’ basso nei confronti dell’Euro. In questa variante si potranno trovare facilmente dei sostituti per i prodotti tedeschi. Invece delle auto tedesche, si potrebbero comprare quelle francesi, perchè il loro prezzo non salirebbe. Oppure si potrebbero comprare le auto italiane. Si potrebbe semplicemente ricominciare a comprare da questi paesi quello che fino ad ora si comprava in Germania. I costi da sopportare in quei paesi non sarebbero poi cosi’ grandi. I costi maggiori invece sarebbero per la Germania. In poco tempo la metà dei suoi mercati di sbocco scomparirebbe e la sua economia collasserebbe. In Baden-Württemberg la metà delle fabbriche chiuderebbero. È di questo scenario che stiamo parlando.
Fonte: wallstreetjournal.de
Traduzione: Voci dalla Germania