Ne “Il Sosia” la follia descritta attraverso lo sdoppiamento dell’identità e la crisi dell’Io
Nel Sosia è narrata la scissione dell’Io, in due metà contrapposte, dell’impiegato Goljadkin il cui animo è dilaniato da due pulsioni. Una è orientata verso continui sforzi per costruire un’immagine di sé che sia “socialmente desiderabile”, e che persista nelle impressioni che gli altri hanno su di lui. L’altra, è la frustrazione nata dal rendersi conto della profonda distanza esistente tra la misera realtà quotidiana e gli ideali di un piccolo burocrate che, alla fine, non si sente altro che un ingranaggio dell’intera macchina burocratica russa.
La storia narrata da Dostoevskij è anche quella di un uomo innamorato di Klara Olsuf’evna, la figlia del suo superiore. Goljadkin vive la scissione dell’io nel momento in cui viene cacciato da una festa organizzata proprio nel palazzo di Klara. Dopo l’accaduto Goljadkin incontra questo Sosia, con il suo stesso nome, con la sua stessa storia. Il Sosia lo segue ovunque deridendolo e umiliandolo soprattutto nelle situazioni più imbarazzanti per Goljadkin.
La follia è il tema centrale del libro ed è rappresentata attraverso la figura del personaggio principale dell’opera, l’eroe Goljadkin. Nella narrazione assume le forme di una forza, quasi soprannaturale, che permette al protagonista di trovare le energie per riscattare se stesso dalla costante apprensione per il giudizio altrui. L’intreccio narrativo è molto complesso, intessuto attraverso l’intervallarsi di un narratore esterno e del flusso di coscienza del protagonista, il tutto per rendere labile il confine tra realtà e immaginazione. Tutta questa tensione è presente già all’inizio dell’opera ed è riassunta perfettamente in questo passo:
“Per un paio di minuti però rimase a giacere immobile sul suo letto, da uomo non ancor pienamente sicuro se si sia svegliato o dorma tuttora, se esista nella veglia e nella realtà tutto ciò che intorno gli succede o sia il seguito delle sue disordinate e assonnate fantasticherie”[F. Dostoevskij, Il Sosia, p.3].
In alcune sequenze il confine tra l’allucinazione e la realtà si percepisce dai modi in cui la società accoglie la progressiva follia di Goljadkin. Il protagonista del Sosia si deve confrontare con l’indifferenza dei suoi colleghi in ufficio, le avvertenze e i consigli del medico, mai accettati da Goljadkin, e la paura che si manifesta attraverso i tentativi dei suoi conoscenti di isolarlo dalla vita sociale. Nella struttura narrativa, Dostoevskij si serve della follia per costruire la sua satira del sistema burocratico russo e la rappresenta come una sorta di effetto perverso che alla fine punisce l’eroe separandolo dalla sua realtà quotidiana. La paranoia progressiva di Goljadkin lo porterà a non riuscire più a tenere insieme la sua personalità, percependo l’altra metà, Il Sosia, come un’entità psico-fisica da lui separata. Alla fine, l’eroe incontrerà il giudizio penalizzante della società pietroburghese che lo condannerà alla reclusione in manicomio.