In un periodo in cui gli istituti di credito faticano a trovare una linea guida operativa altamente efficace per sostenere (e, perché no, rimpinguare) la propria solidità economica, c’è sempre più bisogno di un qualcosa capace di dare una svolta al tutto in maniera quantomeno sostenibile, soprattutto dal punto di vista finanziario. Si fa largo, quindi, l’idea di realizzare fondi economici destinati al recupero di quelle risorse andate ormai perdute, favorendo così il ripristino di una patrimonialità bancaria degna di tale nome da veicolare, qualora ci siano i presupposti per farlo, verso operazioni ad ampio respiro a beneficio sia dei soci che del proprio pacchetto di risparmiatori. Il recente varo del Fondo Atlante 2016 segue questo ordine di idee mutualizzando il rischio dell’industria bancaria attraverso uno schema di ripartizioni percentuali tanto specifiche quanto mirate a colmare i vuoti finanziari delle casse bancarie.
Sebbene poggi su una serie di incertezze di fondo, dovute in larga parte alla durata della sua attività, il fondo Atlante consente già di suo di godere di una vera e propria rete di sicurezza che agevola il lavoro delle banche più piccole, a dir poco vulnerabili a qualsivoglia tipologia di criticità creditizia e, di conseguenza, poco inclini ad un repentino ripristino del proprio status finanziario. Inoltre, senza questa operazione di “salvataggio” i contraccolpi di mercato della crisi generalizzata, persistente e dalle nuove, e preoccupanti, modalità di insediamento, potrebbero essere ben peggiori di quelli visti nel corso degli ultimi mesi. Ad ogni modo, per quanto il fondo Atlante divida l’opinione degli addetti ai lavori, occorre sviscerare i suoi punti di forza e comprendere appieno quelle che sono le sua peculiarità di base al fine di inquadrare una manovra destinata, in un modo o nell’altro, a far parlare di sé.
Fondo Atlante 2016, cos’è e come funziona: gli obiettivi della manovra finanziaria
Il fondo Atlante è un fondo di investimento alternativo per sostenere le banche italiane nelle loro operazioni di ricapitalizzazione e favorire una gestione del rischio (e dei relativi crediti in sofferenza) in modo pressoché ottimale. Le finalità da soddisfare, quindi, sono essenzialmente due: garantire il successo degli aumenti di capitale richiesti espressamente dall’Autorità di Vigilanza per quelle realtà impelagate in contesti di oggettiva difficoltà creditizia, e risolvere, una volta per tutte, la spinosa questione dei crediti in sofferenza. Tra l’altro, è consentito l’eventuale deconsolidamento di quest’ultimo aspetto dai bilanci bancari in misura nettamente superiore rispetto a quanto previsto dal fondo stesso; ciò è dettato dall’attenzione sulle tranche junior dei veicoli di cartolarizzazione a discapito del resto, lasciato ad altri soggetti specializzati nella trattazione di elementi di maggior senority.
Volendo concentrare il discorso sul raggio d’azione del fondo Atlante, quest’ultimo prevede di impiegare il 70% delle proprie risorse per gli aumenti di capitale, mentre il 30% è legato all’attenuazione delle sofferenze creditizie di qualsivoglia istituto di credito italiano aderente all’accordo di fondo. Sfruttando una leva massima del 110%, il fondo in questione (le cui dimensioni monetarie si aggirano intorno ai 4,25 miliardi di euro) suddivide le predette percentuali senza lasciare nulla al caso; in questo modo, il recupero della stabilità creditizia dei soggetti coinvolti verrà effettuata mediante la sottoscrizione di azioni offerte dal mercato o di una quota massima del 75% per singola emissione, a patto però che la sottoscrizione in sé non sia strettamente indispensabile per la buona riuscita dell’operazione posta precedentemente in essere. Oppure, si potrà optare per un investimento che non comporti l’obbligo di OPA e non alteri il divieto di direzione e di coordinamento delle banche partecipanti da parte del fondo stesso. L’obiettivo annunciato si sofferma su un rendimento annuo del 6% tramite un orizzonte temporale di medio-lungo termine di cinque anni. Un banco di prova alla sua portata, ma che non ammetterà alcun tipo di leggerezza.
Banche italiane, i primi istituti di credito aiutati dal fondo di investimento
I primi istituti a beneficiare delle linee guida del fondo Atlante sono Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. L’andamento delle quotazioni delle obbligazioni di questi due soggetti creditizi è stato più che soddisfacente, ed ha premiato quei contesti finanziari particolarmente a rischio che stavano logorando la credibilità creditizia delle due banche in questione. Prendendo in esame uno dei molteplici titoli subordinati della Banca Popolare di Vicenza, si nota che questi aveva raggiunto un rendimento lordo del 36,6% (e, quindi, ormai prossimo all’attuazione del bail-in) nonostante la scadenza fissata al 20 gennaio 2017; grazie all’intervento del fondo, però, tale titolo ha raggiunto un tasso lordo del 12,5% ed un prezzo di 97 punti base: numeri rischiosi, certo, ma che comunque fanno tirare un sospiro di sollievo e allontanano lo spettro di una preoccupante corsa ai ripari di natura prettamente finanziaria. Insomma, quanto esplicato sino ad ora permette di inquadrare i molteplici benefit di una manovra economica a dir poco innovativa con l’auspicio che tutto vada per il meglio. Anche perché ne va della disponibilità economica e finanziaria di un paese i cui riflessi si riversano su quella che è la concretezza di un ambito ancor più vasto, ossia l’eurozona.
Fonte: per approfondire l’argomento e rimanere aggiornati con le ultime news si segnala il sito di informazione economica Borsa Virtuale.