Seconda Guerra Mondiale, Francia, Parigi, Louvre. Durante l’occupazione nazista nel territorio francese, il governo di Berlino decide prima di preservare le opere d’arte e poi, nel 1940, di sottrarle e portarle a Berlino. Così Jacques Jaujard, direttore del museo, assieme all’ufficiale dell’ occupazione nazista (conte Franziskus Wolff-Metternich) si uniscono nel preservare i tesori del museo durante uno dei conflitti più sanguinosi che la storia abbia mai conosciuto.
Presentato alla 72a Mostra d’Arte Cinematografica del cinema di Venezia, il film (uscito oggi nelle sale cinematografiche) vede il ritorno dietro la macchina da presa di Aleksandr Sokurov, dopo la vittoria del Leone d’Oro nel lontano 2001 sempre al Festival di Venezia.
Nonostante il film sia ambientato in un periodo oramai lontano, grazie alla profonda tematica affrontata riesce a mantenersi attuale mai come oggi. Francofonia entra di diritto nelle opere cinematografiche che l’Unione Europea dovrebbe tutelare e proporre a tutti i cittadini, segnando, dopo Arca Russa del 2002, il ritorno nei musei del regista sovietico.
In un periodo dove le nostre identità nazionali sono in bilico perché minacciate dal terrorismo, in cui bisogna restare uniti, il film riscopre le origini della nostra comunità europea e lo fa raccontando le peripezie di un episodio dove è fortemente lesa la cultura di uno degli Stati membri della futura UE.
Grazie a questo viaggio nel museo parigino più prestigioso, Sokurov ferma lo scorrere del tempo di una nazione intera, rendendolo infinito, e permette allo spettatore di riflettere su grandi interrogativi lanciati durante il film che ne rappresentano l’essenza della pellicola: “Chi siamo noi senza i musei?”, “Cosa sarebbe stata la cultura europea senza l’arte del ritratto?”, “Di cosa parla il Louvre se non di uomini che amano, mentono e soffrono?”. Le risposte a questi quesiti vengono date con lo sviluppo della storia, ponendo al centro le idee del regista.
Successivamente a queste domande c’è un interessante piano sequenza in cui Marianna, la donna presente nel famoso quadro della Rivoluzione francese che incarna la libertà, assieme a Napoleone si aggira per il museo come due fantasmi che si incontrano di continuo ponendo spesso a confronto i due più grandi eventi che hanno segnato la storia della Francia: il periodo rivoluzionario e quello napoleonico.
Sokurov dopo quattro anni mantiene il suo stile. Al limite di qualsiasi genere cinematografico tra il documentario e la fiction, memore della sua esperienza documentaristica e probabilmente grande appassionato di Luigi Pirandello, inserisce come personaggio una voce narrante che conduce il filo del racconto dove spesso si trova addirittura a relazionarsi con gli attori. Il concetto del “tempo” e della sua continuità, ritorna anche nella sua realizzazione, dato che se da un lato mantiene l’impronta centrale del suo stile, dall’altro nel montaggio “mixa” liberamente immagini di repertorio con inquadrature realizzate grazie all’apporto dei moderni droni.
gran bel articolo complimenti