Il ministro Giovannini parla di lavoro, in un incontro all’università di Arezzo
“Giovani e Lavoro”, questo è il titolo della conferenza che ha visto come protagonista il ministro del lavoro Enrico Giovannini e che si è tenuta lunedì 2 dicembre ad Arezzo, sede del dipartimento umanistico dell’Università degli studi di Siena.
L’aula Magna del plesso aretino si riempie di collaboratori ministeriali, docenti universitari, responsabili amministrativi della facoltà, giornalisti e… i giovani annunciati dalla locandina? Sì ci sono, ma hanno la possibilità di sedersi solo dalla quinta fila dell’aula in poi, perché le precedenti sedute sono strettamente riservate ai soliti collaboratori ministeriali, docenti universitari, responsabili amministrativi della facoltà e giornalisti. Così, i cari studenti diligenti arrivati, tra l’altro, in anticipo e che si sentono protagonisti assieme al ministro di questa significativa giornata, si dispongono nelle file addietro oppure in piedi, dato l’alto numero di partecipanti.
Tralasciando le polemiche, l’incontro inizia con l’intervento di Loretta Fabbri, direttrice del dipartimento di Scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale, che ringrazia l’On. Giovannini per aver accettato di partecipare al dibattito e sottolinea, sin da subito, quanto sia importante il ruolo dell’università nell’immissione dei giovani al mondo del lavoro e quanto ancora si debba migliorare in tal senso. La parola passa al sindaco d’Arezzo, Giuseppe Fanfani che descrive la drammatica situazione lavorativa aretina caratterizzata da un alto tasso di disoccupazione, testimoniato dalle numerose richieste di raccomandazione percepite dal sinsaco, come lui stesso rivela. A intervenire è, poi, il vescovo d’Arezzo Riccardo Fontana che parla dell’insospettabile, fondamentale ruolo della chiesa in un periodo di crisi come quello che l’Italia sta attraversando: molte sono, infatti, le persone che chiedono generi di prima necessità alle parrocchie e alle caritas, anche famiglie una volta benestanti.
A rappresentanza dei docenti della facoltà aretina c’è il professor Claudio Melacarne, delegato alla didattica, che interviene esponendo una breve relazione riguardo ai limiti dell’attuale sistema scuola-lavoro e le richieste che pervengono dal mercato globale del lavoro, insistendo molto sulla necessità di incrementare, o forse è meglio dire introdurre, il lavoro di gruppo a partire dalle scuole di grado inferiore fino ad arrivare all’università. Vi sono poi gli interventi del rettore dell’Università di Siena, Angelo Riccaboni, del presidente della camera di commercio d’Arezzo Angelo Sereni, di Fabrizio Barbieri in rappresentanza degli studenti e di Carlo Gabellini, giornalista della locale Teletruria, con il ruolo di moderatore del dibattito.
Una delle pecche dell’incontro è, sicuramente, il lungo preambolo che ha tolto spazio ad un eventuale intervento più ampio del ministro. Passiamo, finalmente, alle parole del ministro Giovannini, che decide di aprire il suo intervento citando Papa Francesco: “Uno dei peccati che si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi”, volendo significare con ciò che il governo non deve preferire il qui ed ora, ma deve guardare in prospettiva, costruendo le basi per un futuro stabile. Il ministro Giovannini continua poi ricordando che, nel 1987, il rapporto Bruntland conia il termine sviluppo sostenibile: “Sviluppo che consente di soddisfare le esigenze della generazione attuale senza pregiudicare le possibilità per le generazioni future di realizzare i propri obiettivi”. Il concetto di fonda su quattro pilastri: sociale, economico, ambientale e istituzionale. Quest’ultimo pilastro è stato poi ridimensionato in quanto difficile da attuare, afferma il ministro Giovannini, e chiunque potrebbe controbattere che in effetti si è notato come il pilastro istituzionale, almeno in Italia, sia alquanto precario.
Il ministro Giovannini prosegue sottolineando quanto sia difficile fare il ministro del lavoro in una situazione disastrosa e, a tal proposito, ci racconta un aneddoto: aveva appena parlato, sorridendo un po’, con i propri amici riguardo al papabile nome del futuro ministro del lavoro, chiedendosi chi mai avrebbe intrapreso una simile carriera nella tragica situazione attuale, quando arrivò la chiamata che gli proponeva di assumere quel ruolo.
Il ministro continua, poi, sostenendo l’importanza che ricchezza e qualità della vita vadano di pari passo, perché se è vero che il benessere non dipende solo dal PIL è pur vero, però, che in parte è necessario. Con queste premesse, il ministro Giovannini inizia a discorrere sulla situazione del lavoro nel mondo giovanile esordendo con la parola Neet, l’acronimo inglese di “Not (engaged) in education, employment or training”, che descrive i giovani che non studiano, non fanno tirocinio e nemmeno lavorano. Il ministro Giovannini è scioccato da quanto “capitale umano” vada sprecato: si parla di 2,2 milioni di giovani. Proposte concrete del ministro in tal senso? Fare orientamento al lavoro già dalla terza media per poi proseguirla alle superiori. Portare avanti il progetto alternanza scuola-lavoro, realtà che riguarda solo il 50% delle scuole, e che va ampliato alle Università. Creare uffici scuola-lavoro in tutti gli edifici scolastici, che mettano in comunicazione imprese e giovani.
Per fare ciò, il governo Letta ha messo a punto il cosiddetto piano per la garanzia giovani che sfrutterebbe 1,5 miliardi di euro di fondi comunitari per i quali “l’Italia ha lottato”, afferma il ministro Giovannini. Tutto ciò non basta tuttavia, continua il ministro, se imprenditori, camere di commercio e aziende non mettono a disposizione dei giovani proposte reali; ad esempio, l’apprendistato, che il governo ha cercato di semplificare dato che esistono venti legislazioni regionali diverse, deve insegnare al giovane il lavoro che vorrà proseguire nella sua vita e “non a fare le fotocopie”. Non solo, è fondamentale anche che figure manageriali contattino giovani così da poter raccontare loro la propria esperienza e motivarli in tal senso. Riprendendo il discorso del professor Melacarne, il ministro Giovannini ricorda, poi, che da recenti ricerche, il lavoro in team è sempre maggiormente richiesto e bisogna perciò prendere esempio da paesi come gli USA, in cui questo tipo di lavoro è prioritario. Conclude il suo intervento citando nuovamente un’enciclica, stavolta di Papa Giovanni Paolo II, che afferma che oramai, in un mondo terziarizzato come il nostro, l’uomo non ha più bisogno di rapportarsi con le macchine, ma deve tornare a rapportarsi con l’uomo.
Terminato l’intervento, è il momento delle domande che vertono principalmente sul tema del lavoro dei diversamente abili e su quello della figura femminile nell’ambito professionale. Per il primo punto, al quale il ministro Giovannini confessa di essere molto legato data la disabilità del padre, risponde che un primo passo è stato effettuato aumentando i fondi per le assunzioni dei disabili da 1 milione a 22 milioni di euro; inoltre è stato approvato il programma per la disabilità che indica alle imprese azioni concrete da realizzare in tal proposito; infine le assunzioni, soprattutto in campo pubblico, saranno incentivate. Per il tema del lavoro delle donne, risponde Giovannini, che seppur ci sono stati aumenti in campo amministrativo dell’occupazione femminile, questi hanno riguardato sempre i soliti ambiti già ampiamente conquistati dalle donne. Ammette, quindi che l’Italia ha ancora molto da fare a proposito.
Al ministro Giovannini viene poi chiesto come si possono rendere efficaci i centri per l’impiego: punto dolente, perché di riforma dei centri per l’impiego se ne parla solo ora quando, in realtà, è da mesi che il governo ci lavora, polemizza il ministro. Come ci sta lavorando? Creando un’infrastruttura unica, basata su una banca dati nazionale che metta in comunicazione i disoccupati e i cassaintegrati con aziende ed imprese. Detto ciò, il ministro ricorda che L’Italia ha solo 7000 impiegati per i centri dell’impiego contro i 70000 inglesi e, ancora, che spende 0,5 miliardi contro i circa 5 miliardi degli altri paesi europei. Punti concreti che propone il ministro: una rivalutazione del turismo sul quale investire per creare lavoro e, soprattutto, l’expo 2015 di Milano, evento, secondo Giovannini, che permetterà uno scambio tra Italia e Europa e che potrà permettere di impiegare giovani, ad esempio costituendo un sito in tutte, o quasi, le lingue del mondo.
Il minstro Giovannini ringrazia, infine, per la partecipazione e saluta l’aula, concludendo così il confronto con gli studenti dell’università. Una giornata di incontro e, sicuramente, scontro di idee che ha permesso ai presenti in sala di scoprire programmi concreti e difficoltà attuative, generalmente non menzionate dai media, spesso interessasti a suscitare clamore, ma sicuramente di grande interesse per gli italiani, che chiedono risposte e soluzioni più che polemiche.