Il Pubblico e il luogocomunismo
Comprendere che il pubblico è qualcosa che va tutelato e finanziato,e non svenduto, oggi è di fondamentale importanza. La spesa pubblica non va demonizzata, ma considerata come risorsa utile per la crescita del paese. Infatti, se la spesa pubblica è una buona spesa, che implica un corretto utilizzo dei soldi raccolti con le tasse,i servizi pubblici funzionano e il cittadino trova in essi una risposta veloce e soddisfacente ai propri bisogni. Se invece la spesa pubblica è strozzata, ad esempio dal pareggio di bilancio, gli investimenti sui servizi pubblici vengono meno, causando il loro cattivo funzionamento e su cui verranno fatti ulteriori tagli per risanare i buchi di bilancio. Dagli anni 90′, fino ad oggi, a partire dal riassetto del patrimonio mobile e delle privatizzazioni, alla trasformazione degli enti pubblici in S.p.a, grosse porzioni di imprese pubbliche sono state dismesse, e letteralmente svendute, solo per fare cassa e far quadrare i conti dello Stato. Le politiche di austerità, calate dall’alto, hanno solamente accelerato i saldi di fine stagione contro il pubblico, che da molto tempo durano, non solo in Italia, ma in diverse zone dell’Europa del sud. E cosi Stati come la Grecia, per far fronte alle spese di indebitamento, sono stati costretti a cedere pezzi importanti di sovranità, svendendo parte del territorio. Oppure Cipro, ormai prossimo al collasso, se non accetterà il salvataggio internazionale da parte della Bce; salvataggio che comporterà in ogni caso un’alta perdita di sovranità.
Tra un colpo di stato e un altro, chi ne risponde delle conseguenze sono sempre i cittadini, che si ritrovano dopo anni di duro lavoro e sforzi decurtati dei lori diritti,utilizzati come merce di scambio con i mercati (perchè ce lo chiede l’Europa) per tamponare i molteplici fallimenti dei diversi governi che si sono susseguiti nell’ultimo decennio. E, così, accade l’inimmaginabile in un paese teoricamente democratico come l’Italia con lo scandalo Fiat, dove i lavoratori iscritti alla Fiom sono stati licenziati perchè contro le politiche aziendali di Marchionne che, attraverso un referendum interno, ricatta i propri dipendenti costringendoli a scegliere tra il posto di lavoro e i loro diritti. Fortunatamente dopo un anno i 153 operai discriminati sono stati riassunti grazie al ricorso della Fiom presso la Procura di Roma.
Una situazione analoga è quella delle lavoratrici dell’Omsa di Faenza, licenziate in tronco, dopo la scelta strategica dell’azienda di spostare l’attività produttiva in Serbia, dove gli operai hanno ancora meno diritti e costano poco. Anche qui c’è stato un risvolto positivo, perchè l’ATL (azienda che produce divani) ha comprato lo stabilimento dove venivano prodotte le calze, convertendo la produzione per i divani. Nonostante la riassunzione della maggior parte delle operaie, 77 sono in cassa integrazione con 750 euro mensili, almeno fino al prossimo maggio, quando scadranno gli ammortizzatori statali.
Difendere il pubblico significa, dunque, fare l’interesse del cittadino e questo è possibile solo se il cittadino s’impegna in prima persona a proteggere il bene comune, non delegando ad altri le proprie responsabilità.