Benyamin Netanyahu, riconfermato dalle elezioni di marzo come leader di Israele, ha raggiunto l’intesa che gli consentirà di formare il nuovo governo. L’alleato prescelto è Naftali Bennet, leader di Focolare Ebraico, Bayit Hayehudi, partito di estrema destra di matrice religiosa e vicino al movimento dei coloni che il 17 marzo ha conquistato 8 seggi.
La scadenza per presentare un nuovo e valido esecutivo nelle mani del presidente israeliano, Reuven Rivlin, era la mezzanotte di ieri, ma la posizione di Netanyahu era diventata più scomoda nelle ultime ore, sopratutto in seguito al volta faccia di Avigdor Lieberman, ex ministro degli esteri del terzo governo Netanyahu e leader del partito Israel Beitenu, secondo il quale non vi è nessun interesse per il partito a far parte di un governo “basato sull’opportunismo e sul conformismo”.
Il quarto governo di Netanyahu sarà perciò marcatamente di destra, nonostante la maggioranza sia più risicata di quanto auspicato, solo 61 seggi su 120. I rapporti tra i due rispettivi leader, inoltre, non sono mai stati dei più amichevoli e parte dell’elettorato del Likud, il partito del premier, potrebbe non apprezzare la concessione di tre ministeri importanti come Educazione, Giustizia e Agricoltura a rappresentanti dell’estrema destra religiosa.
La notizia del nuovo esecutivo non è stata accolta con ottimismo dai vertici di Ramallah, che vedono lo spostamento verso destra di Israele come una mossa politica per supportare “l’ampliamento delle colonie, rifiutare la soluzione dei due Stati e spingere verso una paralisi politica di lungo termine”, queste le parole di Nabil Abu Rdainah, portavoce del presidente Mahmoud Abbas, che conclude, “questa scelta si rifletterà sull’intera regione e sarà pericolosa non solo per la causa palestinese, ma per l’intero Medio Oriente”.