Le cifre sui laureati in Italia non hanno nulla a che vedere con i numeri registrati in Europa, così come si può concludere giudicando gli investimenti pubblici nel settore dell’educazione.
La Commissione Europea sminuisce per l’ennesima volta l’Italia di fronte all’Europa, dando un occhio al numero di laureati nel nostro Paese rispetto alla media continentale e incolpando gli scarsi investimenti pubblici come causa dell’allarmante gap. A mettere in evidenza il dato è stato il rapporto annuale Education and Training Monitor 2014, dal quale è scaturito che il 4% del Pil italiano viene dedicato alle risorse per l’educazione, contro il 5,3% dell’Europa nel complesso. Cifre che ci etichettano come il quartultimo Paese in assoluto, davanti sotto questo aspetto soltanto a Slovacchia (3,8%), Bulgaria (3,5%) e Romania (3%). Una nullità, se si pensa che in Danimarca (al primo posto della graduatoria) si dedica all’istruzione il 7,9% del Pil.
Il problema appena riportato ne scatena un altro, ovvero che la proporzione di laureati in Italia è al momento la più bassa tra tutti i paesi europei. In Irlanda e Lussemburgo il 51% (più della metà) dei residenti sono in possesso di un diploma di laurea, la media dell’Europa è del 38% e infine ci siamo noi, con un misero 22,4% che sale al 27,2% considerando soltanto le donne e cala a picco al 17,7% per gli uomini.
Tra i pochi laureati in Italia, come se non bastasse, spicca il problema della difficoltà a trovare lavoro. I numeri registrati dai neolaureati in Europa attestano un impiego reperito in tempo breve nel 71% dei casi, mentre noi italiani abbiamo una speranza di lavorare subito dopo la laurea pari ad appena il 49%.
Altre importanti conclusioni rese pubbliche sull’istruzione in Italia dal rapporto Education and Training Monitor 2014 sono relative al fenomeno dell’abbandono scolastico (il 17% degli studenti italiani tra i 18 e i 24 anni lasciano gli studi senza aver conseguito il diploma), all’insufficiente grado di preparazione degli insegnanti, al basso livello dell’istruzione tra gli adulti e al futuro critico del piano Garanzia Giovani, lanciato quasi un anno fa dal Governo Renzi, ma secondo la Commissione Europea incompleto a causa dell’assenza di una pianificazione sul lungo periodo.