Dopo sei mesi di Jobs Act si iniziano a tirare alcune somme e i numeri non convincono molto: la disoccupazione sale al 12,7% (con quella giovanile che raggiunge il record di 44,2%), il numero degli impiegati non aumenta, ma i contratti di lavoro cambiano forma. Tra risultati non soddisfacenti e errori di calcolo che fanno sembrare tutto più amaro, la fiducia degli italiani nella tanto chiacchierata riforma del lavoro non è ai livelli più alti.
Tassi di disoccupazione in crescita
Il tasso di disoccupazione giovanile galoppa verso numeri mai visti, mentre il tasso di occupazione tra i giovani è al suo minimo storico (14,2%). Ma anche ampliando lo sguardo le cose non vanno molto bene: l’occupazione generale scende al 55,8%, mentre la disoccupazione, dopo aver sfiorato il 13% a Novembre, viaggia intorno al 12,7%.
Gli ultimi dati Istat dimostrano che nel primo trimestre del 2015 sono stati persi 40.000 posti di lavoro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e si sono aggiunti 85.000 disoccupati. In questo momento non è ancora possibile dire se la colpa sia del Jobs Act, in un contesto dove il Pil fatica a staccarsi dalla crescita zero e i consumi, gli investimenti e la produttività non sembrano volersi riprendere.
Sei mesi di Jobs Act
Quindi, se è sbagliato dire che il Jobs Act è il responsabile di questa situazione, è altrettanto sbagliato dire che il provvedimento finora abbia dato qualche segnale positivo come antidoto. Sono passati 6 mesi dall’introduzione del nuovo contratto a tempo indeterminato (senza articolo 18) e degli importati sgravi su contributi e Irap. Era il 7 Marzo, ma la situazione è quella fotografata dai dati Istat.
Caos sui dati: cresce il numero dei contratti stabili, ma non quello degli occupati
E poi c’è la confusione. Per il Ministero e il Governo ogni lavoratore il cui contratto viene aggiornato e trasformato in quello nuovo a tutele crescenti rappresenta un +1. Non è così per l’Istat visto che il bilancio degli occupati non si smuove: quella persona lavorava prima e lavora dopo. Ecco perché i dati che vengono trasmessi dal Ministero non vanno d’accordo con le percentuali dei tassi di disoccupazione.
C’è poi anche da considerare che l’1,9 miliardi di incentivi stanziati con il Jobs Act probabilmente si stanno avvicinando all’esaurimento e questo non porterà ad altro che ad un minor numero delle conversioni dei contratti. A breve verranno resi noti i nuovi dati Istat che fanno riferimento al secondo trimestre e si potrà avere un aggiornamento e capire se quegli 800.000 nuovi impieghi in tre anni posti da Renzi come obiettivo sono fattibili o solo un miraggio.