A Mingora, nel nord ovest del Pakistan, è stata oggi emessa la sentenza riguardo l’attentato del 9 Ottobre 2012 a Malala Yousafzai. La giovane attivista, premio nobel per la pace nel 2014, continua da anni a lottare per l’istruzione femminile nel suo paese. La tenacia con cui porta avanti la sua battaglia è da sempre una calamita per i talebani che vogliono fronteggiare qualsiasi azzardo di emancipazione femminile.
Nel 2012, dopo scuola Malala si dirigeva verso casa quando un gruppo di uomini armati sono saliti a bordo dell’autobus sul quale viaggiava, ferendola alla testa con vari colpi d’arma da fuoco.
A salvarla è stato un delicato intervento per la rimozione dei proiettili avvenuto nell’ospedale di Peshawer.
L’atto terroristico è stato rivendicato da un gruppo di talebani pakistani guidati da Ihsanullah Ihsan, il quale ha definito Malala “un simbolo degli infedeli e dell’oscenità”.
Non ha mai smesso di lottare Malala, e neanche l’attentato è servito a scalfire le sue nobili ambizioni. Nel 2013, dopo essersi ripresa dall’incidente, terrà un discorso davanti alle Nazioni Unite:
“Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno”.
Nel Settembre 2014 l’esercito del Pakistan ha arrestato 10 talebani, ritenuti responsabili dell’attentato e per questo oggi processati secondo le leggi antiterrorismo.