Recensione dello spettacolo teatrale “American Buffalo“, testo di David Mamet con Marco D’Amore, Tonino Taiuti e Vincenzo Nemolato, sarà in scena al teatro Piccolo Eliseo di Roma fino al prossimo 23 Ottobre per la regia di Marco D’amore.
Siamo nel negozio di Donato detto “Don”, dove vengono comprati e rivenduti oggetti di seconda mano, luogo per collezionisti e perdi giorno anime sin troppo usate, come quelle di Roberto e di “’O Professore”. Il primo, giovane tossico, aiuta il proprietario del negozio in piccoli lavoretti, il secondo vive quel luogo come unico punto dove poter essere compreso. Sarà una moneta con inciso un Bufalo nella parte posteriore, l’American Buffalo, a far perdere la testa ai tre e a dare luogo a un fallimento già annunciato sin dall’inizio.
Recensione di “American Buffalo”, spettacolo teatrale con Marco D’Amore
Opera scritta da David Mamet, autore che può vantare in bacheca due premi Oscar e un Pulitzer, riadattato dallo scrittore Maurizio De Giovanni, noto per i suoi romanzi gialli dove le differenze tra buono e cattivo, commissario e malvivente, alta società e feccia, sono in primo piano. Proprio da quest’ultimo contrasto non poteva non nascere un matrimonio teatrale tra i due autori che confluisce nella messa in scena al teatro Eliseo di Roma del riadattamento di “American Buffalo”.
La casa di questo spettacolo doveva per storia, cartellone e dovere morale del direttore artistico Luca Barbareschi, primo ad aver portato in Italia Mamet e alcuni dei suoi testi che, a inizi anni ottanta, gli ha regalato grandi consensi sul palcoscenico.
Sin dall’arrivo in teatro se ci si guarda attorno è istintivo notare come l’ambiente che accoglie lo spettatore è curato, intimo, per unire in unico filo diretto spettatore e attori. E’ su questo aspetto che gioca lo scenografo Carmine Guarino, creando un’unica ambientazione: il negozio di “Don”, dettagliato e curato in ogni aspetto, dove nessun oggetto esposto è lasciato al caso. Ad esempio, guardando la scena, se si sposta l’attenzione a sinistra, sono esposte una serie di teste dove ognuna porta un cappello, tutte sono rivolte verso il punto focale della scena, per agevolare un gioco prospettico che dia profondità, tutte tranne una girata verso il pubblico, si nota subito che su di essa è stata riposta una bombetta, oggetto caratterizzante due miti del Teatro: Charlie Chaplin e Totò (riguardo quest’ultimo c’è un omaggio dichiarato nel film “Un posto sicuro” uscito a dicembre dello scorso anno).
La messa in scena dei caratteri dei personaggi, del loro status quo è agevolata dai costumi, fondamentali in teatro soprattutto in una piece come questa, per questo il lavoro di Laurianne Scimemi è da sottolineare e da elogiare, insieme alle luci di Marco Ghindelli utili nel far immergere lo spettatore nell’atmosfera e il Sound designer Raffaele Bassetti.
A fine spettacolo il regista, da vero allenatore di uno spettacolo, ha ringraziato tutto il cast tecnico, ma si sa che in campo scendono i giocatori e sul palco gli attori. Tonino Taiuti, uno dei pilastri del Teatro Italiano, dei tre è indubbiamente il più esperto, vista la gran mole di palchi da lui calcati, si mette subito a servizio del giovane regista senza dover mai necessariamente mostrarsi superiore agli altri due. L’intonazione, soprattutto durante una scena dove necessariamente abbassa la voce, ricorda molto uno dei fondatori della compagnia “Teatri Uniti”, Toni Servillo, nonché maestro di Marco D’Amore.
A Vincenzo Nemolato, una delle promesse del teatro Italiano, è stato affidato il ruolo di Roberto Russo, “’O Guaglione”. “Gomorra la serie”, “La Kryptonite nella borsa” ma soprattutto tanto teatro a fianco di alcune delle più importanti pietre miliari di questa nobile arte, con un curriculum così le aspettative su di lui non possono che essere grandi sin da prima di entrare in sala.
I primi momenti sulla scena sono di indubbia curiosità dato che inizia a recitare caratterizzando il personaggio con un ghigno e una parlata, quella da ragazzo ignorante napoletano, che si porterà per tutti i 90 minuti di spettacolo. Quando si è trovato a dividere la scena congli altri colleghi, Vincenzo è sempre stato all’altezza del ruolo pronto a dimostrare la sua grande competenza che gli permetterà di togliersi in futuro parecchie soddisfazioni. Come direbbe un poeta, “Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette, l’anno prossimo giocherà con la maglia numero sette”.
Poi c’è lui. Marco D’Amore. Si è regalato un’entrata in scena che provoca nello spettatore la stessa sensazione di quando si è passeggeri di un aereo in partenza, un qualcosa di indefinito e impercettibile percorre il nostro corpo sino a far sobbalzare la schiena all’indietro non solo a causa della forza di gravità. Dimostra di essere un abile conoscitore delle tecniche di ricerca dell’attenzione infatti, non solo per motivi teatrali, recita la sua prima battuta tutta d’un fiato con tono di qualche decibel più basso proprio come il suo maestro Toni Servillo gli ha insegnato. Crea quindi, una connessione diretta tra spettatori e interpretazione, da quel momento siamo legati con la scena e lo saremo sino allo spegnimento delle luci.
Il suo personaggio, come gli altri due, è un miserabile e per questo l‘epicità non gli deve appartenere, infatti, come ci ha rivelato, in due momenti drammatici in cui lo spettatore avrebbe voluto ammirare a pieno la resa dell’attore, Marco decide di non mostrarsi proprio per togliere questo senso di epico, e forse anche un gesto di umiltà verso gli altri due colleghi. Un umiltà che dopo i suoi successi precedenti, ripropone anche in questo spettacolo, togliendosi dei momenti solitari tra lui e il pubblico regalandoli piuttosto a Tonino Taiuti.
Per gli appassionati del teatro Mamet è un appuntamento a cui non si può mancare. La crudeltà nella sceneggiatura, la verità che si respira nei dialoghi e quel senso di devastazione vissuto dai personaggi, sono un esperienza che, nonostante il periodo in cui viviamo, per tutti coloro che si dichiarano amanti di questa arte nobile è imprescindibile mancare. Per i fan di Marco, sarà un occasione per ammirarlo dal vivo, apprezzarlo e tastarne la bravura, che si vive e respira in ogni momento in cui lo troviamo sul palcoscenico.
Teatro Eliseo
Roma, Via Nazionale 183 – 00184
Telefono: 06.83510216
Martedì, primo mercoledì di replica, giovedì, venerdì e sabato: ore 20:00
Mercoledì e domenica: ore 17:00
Prezzi da 21 a 30 euro
Biglietteria on line: www.teatroeliseo.com