Morsi arrestato. Egitto: è golpe

Pubblicato il 4 Lug 2013 - 4:13am di Redazione

In Egitto viene destituito Morsi, i militari prendono il potere

MorsiSono le 18: “Il golpe militare è cominciato“, a dichiararlo è il consigliere della sicurezza nazionale del presidente egiziano. Sono le 19 quando Morsi viene informato dall’ esercito di non essere più il presidente dell’Egitto.

Mohamed Morsi, il primo presidente della storia dell’Egitto ad essere eletto a seguito di elezioni democratiche, vicino ai “Fratelli Musulmani“: partito che guidò le rivoluzioni durante la primavera araba che sconvolse il sistema politico autoritario costruito da Mubarak negli ultimi decenni.

A scatenare le proteste che hanno portato al golpe di oggi è stata la deriva autoritaria che stava prendendo l’azione politica di Morsi, con la presentazione di un decreto che gli attribuiva poteri ampissimi. Il Raìs ha giustificato il provvedimento con la volontà di voler proteggere da intoppi i lavori dell’Assemblea che stava lavorando alla redazione della nuova Costituzione; una Costituzione, appunto, che sembra mirare alla limitazione delle libertà individuali.

Le proteste, guidate dal movimento “Tamarod“, hanno fatto scendere in piazza negli ultimi mesi decine di milioni di egiziani tanto da ricordare le proteste che portarono all’allontamento di Mubarak; e malgrado i tentativi, forse tardivi e privi di una vera volontà di cambiare, di Morsi di dialogare con i manifestanti la protesta non si è fermata, tanto da lanciare un ultimatum al presidente: “Ha tempo fino a domani, martedì 2 luglio, alle 17, per lasciare il potere e consentire alle istituzioni di prepararsi per elezioni presidenziali anticipate, in caso contrario sarà intrapresa ‘una campagna di assoluta disobbedienza civile’.

La protesta ha smosso ogni settore della società fino ad arrivare ai palazzi del potere: i vertici militari, voltando le spalle al presidente, sono passati dalla parte dei manifestanti lanciando addirittura un altro ultimatum a Morsi con le 17 di oggi come data di scadenza. A passare dalla parte dei manifestanti saranno gli stessi ministri del suo Governo. Il golpe, guidato dai generali, ha avuto inizio: la Costituzione è stata sospesa ed è stato nominato un nuovo capo di stato ad interim, il presidente della Corte Suprema Adly Mansour. Il capo dell’esercito, Abdul Fattah al Sisi, in un discorso alla nazione illustra la “roadmap” che seguirà il paese per uscire dalla crisi: si prevede un governo di transizione che guiderà l’Egitto fino alle prossime elezioni presindenziali e parlamentari.

L’Egitto è nel caos: si registrano scontri tra i sostenitori di Morsi e gli oppositori; si parla di decine di blindati diretti verso i manifestanti pro-Morsi, c’è chi dice che vengano usati come scudo tra le due fazioni per fermare la violenza in strada. In tutto questo gli Usa ancora non si sono espressi evitando soprattutto la parola “golpe“. E non è un caso. Gli Usa hanno in gioco 1300 milioni di dollari in aiuti militari al loro secondo alleato (dopo Israele); cruciale in una zona tanto delicata come il Medio Oriente, ma la legge americana impone al Pentagono il blocco immediato di qualsiasi tipo di sovvenzione se c’è il rischio che tali aiuti vadano a leader che conquistino il potere attraverso la forza militare.

L’Unione Europea, invece, per il momento si limita a dichiararsi speranzosa in una svolta pacifica del conflitto, facendo appello affinchè tutte le parti in causa rinuncino alla violenza e ricorrano al dialogo politico per trovare una soluzione.

E se per la BBC è la più grande manifestazione politica che la storia civile ricordi, impegnando qualcosa come 14 milioni di cittadini, è Human Rights Watch a fare la prima denuncia umanitaria: quasi un centinaio di stupri dal 28 giugno ad oggi, a danno delle donne che si ritrovano nel caos delle manifestazioni, soprattutto giornaliste straniere.

Nel giro di pochi mesi l’Egitto ha visto ben due rivoluzioni che hanno portato allo stravolgimento dei rapporti di potere; in un paese dove quasi metà della popolazione ha un’età media di 25 anni è evidente il bisogno di cambiamento e la volontà di non voler più abbassare la testa davanti all’autoritarismo. Ci si augura soltanto che l’euforia seguita alla deposizione di Morsi e al suo conseguente arresto non venga spenta troppo presto da un golpe opera del potere militare.

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