Lucio Garofalo ci spiega perché dire no al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo
Pubblichiamo quest’articolo di Lucio Garofalo, di pochi giorni fa, sul Movimento Cinque Stelle e sulla figura di Beppe Grillo a pochi giorni dal risultato delle elezioni (di cui parliamo altrove). Ribadiamo il fatto che questo giornale non è schierato con un partito o un altro (mentre è profondamente “politico”), ma cerchiamo di dare più spazio possibile alle voci che riteniamo interessanti. Questa certamente lo è. Speriamo che da quest’articolo possa nascere un proficuo dibattito (del resto, non dovrebbe essere questa la base della democrazia?). Buona lettura.
La Redazione
Detesto gli stereotipi e i luoghi comuni, che sono tanto comodi quanto banali. Non sono abituato a valutare con superficialità o pregiudizi, tantomeno sono incline ad emettere facili sentenze, dall’alto in basso. Più semplicemente mi sforzo di pensare con la mia testa, cercando di vagliare bene i fatti e le situazioni, per penetrare in profondità le cose ed afferrare la sostanza del reale. In altre parole, mi piace esercitare la capacità di riflessione e di giudizio autonomo. Una sana abitudine poco apprezzata nel nostro Paese.
Ebbene, a parte i “vaffa” urlati al vento, che lasciano il tempo che trovano e chiunque può restituire al mittente, a parte i facili improperi destinati (giustamente) alla Casta partitocratica e ai suoi servi in livrea, a parte le manifestazioni di folclore, a metà strada fra neoleghismo e girotondismo, vorrei esternare i miei convincimenti personali. Credo che l’opposizione alla classe dirigente di questo sventurato Paese (sventurato anche per i movimenti di rigetto e di protesta che periodicamente produce, a partire dal fascismo squadrista negli anni ’20 del secolo scorso, per approdare alla Lega Nord negli anni ’90) non può estrinsecarsi o limitarsi ad un generico ed inconcludente “vaffa” che non risolve nulla e che chiunque è in grado di urlare facilmente all’indirizzo di un ceto politico composto in gran parte da corrotti, parassiti ed affaristi senza scrupoli, cinici, inetti, imboscati, ladri ed evasori, inquisiti, banditi, mafiosi e chi più ne ha ne metta.
Questo è un dato di fatto talmente evidente che non mi azzardo a contestare. Al contrario, sono il primo a pronunciarmi aspramente contro la Casta (o la Cosca, che dir si voglia), anzi le Caste e le Cosche di questo Paese. Sono il primo a criticare ferocemente e radicalmente il sistema politico-economico dominante. Ma con altri metodi, altri contenuti e altre forme, soprattutto con altre intenzioni e altre ipotesi di soluzione. Che non hanno nulla a che spartire, ad esempio, con la proposta di esclusione dalla cittadinanza e dai diritti politici di quei precari, disoccupati, operai che, in seguito ad un improvviso licenziamento, sono costretti alla fame o alla ribellione, rischiando la galera e subendo così una censura e una condanna penale. E perdendo, di conseguenza, ogni diritto a candidarsi e ad essere eletto. Insomma, oltre al danno ricevuto (anzi, i danni: licenziamento e carcere), il povero operaio deve subire anche la classica beffa.
Per sgombrare il campo da eventuali equivoci vorrei spiegare le ragioni che mi hanno indotto a schierarmi apertamente contro il Movimento Cinque Stelle. Anzitutto, perché diffido di qualunque sedicente “moralizzatore” della vita pubblica, specie se trattasi di un ex comico che spara vaffa a raffica. Troppo facili, troppo scontati e convenienti. Con i vaffa non si crea e non si risolve alcunché, e tantomeno si distrugge. D’altronde, così come si ricevono, i vaffa si possono anche restituire al mittente. Inoltre, visto il tipo di protesta a metà strada tra leghismo e girotondismo, e considerate le rivendicazioni avanzate dal movimento, in parte giustizialiste e giacobine, in parte forcaiole, francamente non vorrei ritrovarmi a cuocere dalla classica padella nella brace più rovente, non vorrei dover rimpiangere alla fine l’odiata, maledetta Casta partitocratica. Insomma, il ciclone “a 5 stelle” spazzerà via il Palazzo istituzionale in cui si ripara la Casta dei partiti e dei comitati d’affari, e mi potrebbe anche stare bene, ma cosa propone? Quali ipotesi alternative suggerisce e propugna questo movimento pronto ad abbattersi sulla Casta/cloaca come un uragano purificatore? Si invoca un nuovo Parlamento? Semplicemente “ri-pulito”, un Parlamento più “pulito” ed “ordinato”, cioè più disciplinato, allineato ed obbediente? Tutto qua? Dunque, l’idea promossa dal “popolo grillino” è di passare dal “cretinismo parlamentare” al “cretinismo neoparlamentare”? Personalmente potrei anche condividere l’incazzatura e la rivolta del movimento grillino contro l’immondizia e la corruzione del sistema partitocratico borghese (un sentimento sincero che nutro da sempre), ma non posso approvare l’istanza classista e codina contenuta nel disegno di legge per un “Parlamento pulito”.
Da tali ragionamenti discendono le perplessità che nutro rispetto all’origine e alla matrice disfattista e qualunquista, ovvero autoritaria e poliziesca, del movimento catalizzato attorno alla figura del Grillo Sparlante. Comunque, ancora una volta voglio riassumere in breve la mia posizione critica. A costo di annoiare a morte chi mi legge. Quanti sono i giovani precari, i disoccupati, gli operai indifesi che, una volta licenziati, senza uno straccio di lavoro, privi del misero reddito necessario a mantenersi e a mantenere le proprie famiglie, sono costretti a ribellarsi e a manifestare la propria rabbia, per cui corrono il rischio di finire in prigione con l’inevitabile conseguenza della schedatura e della fedina penale censurata? Troppi. E non avendo i soldi per difendersi adeguatamente, per pagare un buon avvocato, non possono ottenere giustizia. Cosa che invece possono concedersi facilmente i ricchi e i potenti, raramente inquisiti, i banditi legalizzati dell’alta finanza, i mafiosi, i corrotti e corruttori che non andranno in galera.
Inoltre, vorrei rammentare cosa diceva Pier Paolo Pasolini quasi 40 anni fa. Il suo genio “profetico” aveva immaginato e prefigurato che in Italia “il fascismo potrà risorgere a condizione di chiamarsi antifascismo”, vale a dire “grillismo”. Penso altresì alla tesi di Gramsci sul “sovversivismo delle classi dirigenti” in un Paese anomalo e singolare come l’Italia. Un Paese in cui i vari movimenti di protesta e di rigetto antipartitocratico (ed antidemocratico) che si sono avvicendati sin dai tempi del fascismo negli anni ’20 del secolo scorso, per finire alla Lega Nord, passando per il Fronte dell’Uomo Qualunque del 1944 ecc. si rivelano, una volta giunti al potere, più perniciosi ed aggressivi del sistema di potere più retrivo che intendono contestare, della classe dirigente più inetta e corrotta che si propongono di sostituire, dell’ordine più coercitivo ed oppressivo che mirano a sovvertire, a rendere più “ordinato e pulito”, cioè più autoritario e repressivo. Usando una metafora chirurgica si potrebbe immaginare che dopo l’ennesimo “trapianto” di organi praticato sul corpo ormai incancrenito del sistema politico italiano, ci si potrebbe attendere il classico rigetto o l’invocazione di un altro inutile “trapianto” per procedere penosamente, con una sorta di “accanimento terapeutico”, fino allo stadio terminale di una malattia incurabile e letale. Restando in tema, la soluzione più giusta sarebbe quella di sopprimere e seppellire definitivamente il corpo decrepito e putrefatto dello Stato borghese, per provare a costruire, se possibile, una società radicalmente rinnovata e migliore, non più ammorbata da “affezioni tumorali”.
Inoltre, mi permetto di formulare una breve chiosa a proposito dello spazio eccessivo concesso dai mass-media ad una figura come quella del Grillo Urlante, l’eroe del momento, osannato e celebrato da schiere di seguaci adoranti che hanno riempito le piazze, dove ha ricevuto non solo ovazioni ma pure contestazioni che, guarda caso, sono state censurate dai media. E’ curioso che un personaggio simile, già popolare in veste di comico, oltretutto miliardario, abbia usufruito di un’enorme cassa di risonanza che nessun altro, nemmeno Silvio Berlusconi, ha mai ottenuto, malgrado detenga il controllo di varie emittenti televisive e di altri organi di stampa, di informazione e di pubblicità.
In pratica il movimento di Grillo è fuoriuscito dalla cosiddetta “democrazia virtuale” che viaggia sulle reti web e che va salvaguardata in quanto è attualmente l’unica forma di “democrazia partecipativa” esistente in Italia. Almeno finora. Ebbene, in questa campagna elettorale il Movimento 5 Stelle, anzi il suo capo, che ha deciso di disertare le televisioni, rinunciando a partecipare ai vari talk-show riservati alle chiacchiere della farsa elettorale, ha goduto di un’ampia e generosa ospitalità proprio da parte delle trasmissioni televisive boicottate. Il sospetto, più che legittimo e fondato, è che tale movimento vagamente e confusamente ribelle e protestatario, serva a limitare l’area dell’astensionismo che, se si replicasse il dato registrato in Sicilia, rischierebbe di formare un parlamento delegittimato, ossia privo di quella quota di consenso necessaria al prossimo esecutivo per imporre nuovi sacrifici e nuove porzioni di miseria a scapito delle fasce più deboli e indifese della società italiana. E non è un caso che lo stesso Beppe Grillo abbia più volte sottolineato che senza il suo schieramento politico, che riesce ad intercettare e ad istituzionalizzare le pulsioni di rabbia collettiva e di rivolta popolare, probabilmente ci troveremmo già da tempo in un contesto insurrezionale. Per cui il ruolo di “diga” svolto dal Movimento 5 Stelle di fronte ad eventuali, ipotetiche sommosse o ribellioni di massa, viene focalizzato dallo stesso “guru” del movimento.
Fonte: Il Pane e le Rose