A cinque anni dall’ultimo disco i Mudhoney tornano con un nuovo album
I Mudhoney rappresentano una delle poche certezze nell’ambito musicale rock degli ultimi 25 anni. Una chitarra solista, una ritmica, basso e batteria, sostenuti dalla voce dell’immarcescibile e sempre in forma Mark Arm: questa la formula base del gruppo di Seattle, per alcuni l’ultimo residuo della tempesta grunge che investì la discografia e tutto ciò che vi gravitava intorno nei primi anni 90, per i reduci e per i fan una delle poche band ad aver mantenuto dignità e coerenza nel corso della loro storia (non è nostra comunque intenzione fare raffronti con gruppi come Pearl Jam o Soundgarden).
Il punto è che oggi, 2013, i Mudhoney stanno per tornare con un nuovo album e tutto il resto non conta. Si tratta di un ritorno in studio dopo cinque anni dal buonissimo The Lucky Ones, sebbene la loro presenza sia stata garantita in questo lustro dai numerosi live in Europa e in America. Sul sito della storica etichetta Sub Pop, a cui il gruppo è tornato nel 2002 dopo la parentesi alla Reprise, è già possibile ascoltare un paio di pezzi, in attesa di avere fra le mani il disco fisico a partire dal 2 aprile. Si tratta di I Like it Small (molto Stoogesiana, ovviamente, con bel coretto finale) e di The Only Son of the Widow from Nain ed entrambe le canzoni esprimono bene la solita, ma mai banale, furia ed energia sprigionate del gruppo. Niente di nuovo, e tanto ci basta, anzi quasi si tratta di una rassicurazione a cui ormai non siamo più abituati nel mondo del rock, visti i tanti cambi di stile e le tante delusioni o disillusioni e le band dall’esistenza brevissima: con i Mudhoney insomma non si sbaglia mai.
Sul canale Youtube della casa discografica di Seattle “gira” invece il trailer dell’album, quarantuno secondi in cui è mostrato tutto l’universo filosofico dei Mudhoney: un giovane nei sobborghi viene colpito da una musicassetta copiata contenente Vanishing Point, la inserisce nel suo walkman al posto di una intitolata “Shitty Mush for Intro” e una volta schiacciato ‘play’ questi viene colpito dalla violenza sonora della succitata The Only Son…, sotto lo sguardo di un impassibile ma compiaciuto Mark Arm, che dopo si allontana soddisfatto. I’m coming back, I’m coming back…
Il termine “fisico” impiegato poco sopra non è casuale, dato che per i Mudhoney ha ancora senso l’acquisto del supporto tangibile, magari in vinile, a scapito di un ascolto occasionale e eventualmente distratto su Youtube o su Grooveshark. Ma soprattutto perché la dimensione imprescindibile per il quartetto è quella live.
Chi scrive ha avuto la possibilità di vederli due volte in concerto, in entrambi i casi di recente (probabilmente chi se li è goduti ai tempi d’oro avrà un ricordo ancora più devastante), ed è rimasto folgorato dalla presenza scenica di Arm e soci, dalla potenza della voce (nonché dalla tenuta atletica) e dalla furia così come dalla precisione tecnica, sicuramente migliorata con gli anni e di data in data. Anche stavolta ci si aspetta che i pezzi del nuovo album rivelino tutta la loro forza ed energia sul palco, nella comunque nemmeno troppo celata attesa che partano di nuovo, inesorabili, le note di Touch me I’m sick e di Hate the Police. Insomma, dei Mudhoney non ci si stanca mai.