My Lai: la strage che gli americani hanno deciso di dimenticare
“Non ricordo altro che gente ammazzata. C’era sangue dappertutto. Sia gli americani bianchi che gli americani neri ammazzavano. Spaccavano le teste in due e molti americani avevano addosso pezzi di carne.”
Così Do Thi Chuc, anziana vietnamita tra le poche a sfuggire al massacro di My Lai, raccontava al Time quel terribile giorno di 45 anni fa.
Era il 16 di marzo e la Compagnia Charlie, del 1° Battaglione, 11a Brigata, 23a divisione di Fanteria Leggera, detta Americal Division agli ordini del tenente William Calley entrava in una delle quatto frazioni del villaggio vietnamita di Sơn Mỹ per compiere una di quelle operazioni denominate: Search and Destroy, cerca e distruggi. Quella americana doveva essere una vendetta, bisognava trovare e uccidere i Viet Cong che poco prima avevano impegnato i soldati statunitensi in uno scontro a fuoco e che nel villaggio si erano rifugiati. Era forse anche una vendetta per l’offensiva del Tet che aveva umiliato un mese e mezzo prima tutto l’esercito statunitense.
Quella mattina a My Lai non c’era un solo Viet Cong ma solo donne, vecchi e bambini. All’arrivo, i militari non incontrarono alcuna resistenza. Massacrarono chiunque incontrarono sulla loro strada, violentarono e trucidarono le donne, anche quelle incinte, non ebbero pietà nemmeno dei bambini, rasero al suolo il villaggio intero. Il rapporto militare riportò l’uccisione di 90 Viet Cong e nessun civile.
È una storia poco conosciuta, dai numeri poco certi: 70 vittime secondo la Corte Marziale, 300 secondo quando dichiarò qualche testimone, 504 secondo il piccolo museo memoriale costruito a Xom Lang, dove è stato eretto il monumento commemorativo alle vittime. E, forse, sarebbero state di più se quello stesso giorno un elicottero dell’esercito americano in ricognizione non avesse sorvolato i cieli di May Lai. I tre soldati dell’equipaggio atterrarono frapponendosi tra i colleghi e i superstiti vietnamiti. Il pilota affrontò i carnefici minacciando di aprire il fuoco su di loro se non si fossero fermati. Mentre gli atri due membri dell’equipaggio puntavano le armi contro quelli che combattevano sotto la loro stessa bandiera, il villaggio venne evacuato.
Nel 1998, 30 anni dopo, Thompson, Andreotta e Colburn sono stati decorati pubblicamente, al Vietnam Veterans Memorial, a Washington con l’onorificenza più alta dell’esercito statunitense, la Sodiers Medal. Un insufficiente atto di espiazione da parte dello stato maggiore americano che arriva dopo anni di insabbiamenti. La storia rimase, infatti, segreta per più di un anno, fino a quando un soldato dell’11a Brigata, Tom Glen, scrisse una lettera accusando la Divisione Americal di ordinaria brutalità nei confronti dei civili vietnamiti. A investigare sul massacro fu incaricato l’allora giovane Maggiore Colin Powell che intervenne con un’azione di candeggiatura delle notizie del massacro e fece in modo che la questione rimanesse celata al pubblico.
Ma un altro soldato, Ron Ridenhour, che aveva appreso degli eventi di My Lai, mandò una lettera al presidente Nixon, al Pentagono, al Dipartimento di Stato e a numerosi membri del Congresso. Solo uno dei destinatari non ignorò la lettera: il deputato democratico Morris Udall. Da queste lettere prese avvio l’inchiesta giornalistica di Seymour Hersh – che vincerà per questo il Premio Pulitzer – che venne pubblicata il 20 novembre del 1969 sul quotidiano di Cleveland, The Plain Dealer insieme alle fotografie dei cadaveri di My Lai.
Scoppiato lo scandalo, l’esercito statunitense aprì un’inchiesta. La corte marziale dichiarò colpevole solo il tenente William Calley e lo condannò all’ergastolo. Il giorno dopo il presidente Nixon, con “infinita clemenza”, ordinò il suo rilascio dalla prigione. Calley scontò solo 3 anni e mezzo di domiciliari. Forse non ricorderemo mai i nomi troppo difficili dei morti di My Lai e non sentiremo mai un lungo elenco che li commemori uno a uno. Ormai sperare che venga fatta giustizia sarebbe più che da sognatori. Più volte la storia ci ha dimostrato di quanto poco ci si possa fidare della giustizia militare americana.
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