Si è appena conclusa la fiction Rai su Adriano Olivetti, il pensatore utopico che fece grande l’ Italia del dopoguerra
Adriano Olivetti-La forza di un sogno, è la fiction che ha tenuto incollati al televisiore oltre 6 milioni di telespettatori, che hanno potuto godere di un racconto vero e sincero della vita di un uomo che ha dato una speranza concreta all’Italia appena uscita dalla II Guerra Mondiale. La mini serie sul patron della Olivetti, interpretato in maniera magistrale dal beniamino delle fiction Luca Zingaretti, per la regia di Michele Soavi, nipote di Olivetti, e prodotta dalla Casanova Mutimedia di Luca Barbareschi, con la partecipazione di Telecom Italia e Pirelli; racconta di questa famiglia di Ivrea, ebrea e antifascista che è costretta a nascondersi per sfuggire alle persecuzioni naziste.
Adriano Olivetti viene introdotto dal padre Camillo nella loro fabbrica che produceva macchine da scrivere all’età di 12 anni, e ne prese il comando trent’anni dopo alla morte del padre; rivoluzionando il concetto di lavoro e tutelando gli operai, diminuendo le ore di lavoro edù aumentando il salario, fornendo loro non solo un posto dove vivere, ma anche luoghi dove incentivare e sviluppare le loro inclinazioni: sale per la lettura, cinema, incontri con autori importanti. Olivetti era convinto che se l’operaio viveva meglio era spinto a produrre di più; e i fatti gli diedero ragione. La produzione aumentò durante la sua direzione e la realizzazione della famosa “lettera 22” la nuova portatile, segnò un successo di vendite e di teconologia, suffragata dall’esposizione della nuova macchina da scrivere al Museo dell’Arte Contemporanea di New York.
Era un pensatore utopico Olivetti, coraggioso, istintivo, geniale, che ha saputo investire in un momento di forte crisi per il nostro paese, sorretto dalla sola consapevolezza di credere nel futuro, nel voler migliorare il proprio paese, nel voler creare delle “Comunità” che avessero come fine il benessere, il raggiugimento della bellezza, l’autosussistenza e la solidarietà tra gli individui. Idee utopiche appunto, e comuniste. Il pericolo che queste “comunità” fossero la versione italiana dei “soviet” russi spinsero i servizi segreti americani a indagare e a far spiare Olivetti, inviando in Italia, sotto le mentite spoglie di fotografa, il capitano italo-americano del comando militare alleato Karen Bates, che stilò un rapporto sull’industriale.
Oggi, in tempo di intercettazioni, di profonda crisi e di immobilismo economico e sociale, ma soprattutto di aridità di idee e di progetti, la storia di Olivetti deve farci riflettere e spingere le istituzioni e gli industriali ad avere più coraggio, a credere di più nel nostro paese, a investire, a credere nei giovani, perché loro sono il futuro, sono loro la speranza, e bisogna concedere loro una possibilità; ecco proprio questo è quello che Olivetti ha dato a tutti gli italiani: una possibilità. Una chance di rifarsi una vita, di migliorare la propria esitenza, di crescere, di migliorare. Adesso non è più così, purtroppo. Adesso c’è la tendenza all’ egoismo, all’esclusivismo, allo sfruttamento della forza lavoro, proprio quella forza lavoro che Olivetti tutelava, incentivava e stimolava a dare sempre di più. Proprio grazie alla sua tenacia si deve l’apertura delle prime fabbriche al sud e la realizzazione del primo calcolatore elettronico a transistor.
Olivetti negli anni ’50 ha rappresentato il futuro, tutti dovrebbero prendere esempio da lui.