Olivier Assayas guarda al passato con nostalgia e realismo
Dopo la partecipazione in concorso all’ultimo Festival di Venezia dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura, arriva in sala Qualcosa nell’aria di Olivier Assayas, ovvero Après mai, come recita il titolo originale. Il maggio a cui
si fa riferimento è quello ‘68, spartiacque per le vecchie generazioni francesi così come per i cineasti dell’epoca, ma anche per un cinéphile autentico come Olivier Assayas, cresciuto alla scuola dei Cahiers du cinéma e diventato adulto negli anni settanta, epoca in cui il film è appunto ambientato.
Il regista realizza un’opera personale, di stampo autobiografico, dopo l’excursus storico realizzato con il fluviale Carlos: mentre nella suddetta miniserie si trattava di un viaggio cinematografico attraverso circa vent’anni di storia, qui ci si concentra sulla vicenda giovanile di Gilles, attivista politico sempre più preso dal cinema, dall’amore e sempre più disilluso e disinteressato nei confronti dei vecchi ideali. Un guardarsi indietro che Olivier Assayas aveva già proposto con quello che rimane ancora oggi il suo capolavoro maggiore, l’imperdibile L’Eau Froide (1994; a confermare il legame tra i due film si noti, ad esempio, come i nomi dei due protagonisti siano gli stessi, Gilles e Christine, o della sequenza della festa con falò), anche se qui con maggiori sforzi produttivi e l’ausilio di un’ottima fotografia (si veda per tutte la sequenza iniziale con gli scontri di strada, forse la migliore del film).
In Après mai i personaggi vagano senza una meta precisa, accumulano esperienze, cercano se stessi, o un approdo, e non lo trovano. Sono probabilmente solo giovani borghesi con tanto tempo libero a disposizione e molto annoiati, anche se il contorno politico e le pulsioni artistiche del protagonista sono parecchio di stampo francese e perciò comuni a molti spettatori (magari meno a quelli italiani). Il film procede per tableaux quasi autonomi l’uno all’altro, contrappuntati da un’ottima colonna sonora di quegli anni ormai lontani (spicca Terrapin di Syd Barrett).
Un’opera sostanzialmente gradevole che non raggiunge mai picchi di grandezza o troppo memorabili, ma che potrà sicuramente appassionare e magari ispirare ragazzi e adolescenti dalle menti artistiche e sognatrici. Olivier Assayas, a 58 anni, prosegue dopo Carlos nel guardare al passato con compiaciuta nostalgia, non solo forse per fare i conti con se stesso e la sua vita, ma soprattutto per non dover tornare a immergersi nelle paludi dell’oscuro presente.