PD: i motivi di una sconfitta
Il PD ancora una volta si è suicidato. Un’analisi di questi dati elettorali non può prescindere da questa prima considerazione.
Un partito che solo un anno e mezzo fa avrebbe STRAVINTO le elezioni contro un Berlusconi allo stremo e un Grillo ancora in fase di assestamento, decide invece “per il bene del paese” di appoggiare un governo reazionario e sponsorizzato dagli interessi delle banche come quello di Monti, garantendo l’appoggio pieno e incondizionato alla macelleria sociale di cui i benemeriti “tecnici” si sono resi protagonisti.
PD, due lettere che si trovano anche nella parola PerDenti. Alla luce di questi risultati, infatti, salta all’occhio la completa incapacità di leggere la situazione politica del paese e di pesare nei consessi internazionali (leggasi Europa) tanto da imporsi come la forza di governo di un paese come l’Italia.
Ora appare veramente triste da parte di Bersani e “compagni” piangere sul latte versato, distrutti politicamente da un Movimento nato appena 3 anni fa e dal ritorno del “Giaguaro” che altro che farsi smacchiare, ha azzannato ancora una volta.
“Per il bene del paese” ora ci troviamo in una situazione di perfetta ingovernabilità e a gioire realmente di questi risultati elettorali non sarà certo il popolo italiano, bensì squali e squaletti della finanza che con la scusa dello spread succhieranno un altro bel pacco di miliardi dalle finanze dello Stato, favorendo, tra le altre cose, la corsa alla “grande coalizione” o a un altro governo tecnico (o “programmatico”, o delle “larghe intese”, o che “faccia le riforme, soprattutto quella elettorale”) tanto più gradito in Europa.
E non veniamoci a raccontare la BALLA dell’ “eravamo sull’orlo del baratro per colpa di Berlusconi”, perchè solo qualche giorno dopo la caduta del “Giaguaro” la BCE dava avvio alla operazione LTRO (Long Term Refinancing Operation) con cui avrebbe calmierato gli spread dei paesi in difficoltà, il che ci fa capire molto semplicemente come un’operazione eminentemente finanziario-monetaria avrebbe potuto mettere a posto le cose senza per questo “commissariare” un paese. Il fatto che il Berlusca e soprattutto Tremonti non fossero tanto inclini ad approvare le linee della “lettera-memorandum” della BCE all’Italia, mise le istituzioni europee, di fronte all’evenienza del crollo della moneta unica (se crolla l’Italia ciao ciao euro!), nella condizione obbligata di “forzare la mano” sul governo italiano e sostituirlo con uno di “fiducia” (Monti ex Goldman Sachs, ex commissario europeo, ex presidente della Commissione Trilaterale).
E’ proprio a questo punto che un partito serio, sarebbe dovuto intervenire. Perchè se il PD fosse un partito serio ed il suo leader un personaggio politico di una qualche influenza concreta (aldilà dell’orticello emiliano), avrebbe dovuto convincere chi conta davvero in Europa ad effettuare le operazioni necessarie a calmierare gli spread ANCHE in presenza di una situazione elettorale. Caduto Berlusconi, la richiesta sarebbe dovuta essere: Elezioni Subito!
Le pressioni internazionali che un Partito serio avrebbe dovuto fare, stante la vittoria elettorale già acquisita (i sondaggi dell’epoca davano il PD stradominante a sfiorare il 40% dei consensi), sarebbero dovute essere concentrate proprio su questo.
Ma il PD, di fronte alle misure draconiane che chiedeva l’Europa, semplicemente non se l’è sentita di assumersi il compito di guidare un governo che avrebbe dovuto fare la politica di Monti e pertanto si è limitato ad appoggiare il governo “tecnico” evitando di assumersi esplicitamente la responsabilità di fronte al popolo italiano del massacro sociale imposto dal grande “sogno europeo”, sperando così di vincere poi oggi, a queste elezioni, a man bassa contro un Centro-Destra ormai allo sbando e un Grillo non così preoccupante (!!!).
Calcoli sbagliati? Non solo. La verità probabilmente è che l’Italia ormai non ha più possibilità di implementare politiche autonome rispetto all’Europa e la riprova è che di fronte ad una coalizione larga come quella che ha sostenuto Monti tra la riforma del lavoro e delle pensioni (leggasi massacro sociale delle fasce deboli della popolazione e dei giovani) sono passati in sordina (e votati da tutti) Fiscal Compact e MES, due strumenti fortemente voluti dalle elites europee e che determineranno la politica economica del nostro paese nei decenni a venire.
Questo ci porta alla considerazione amara di una classe dirigente di sinistra (oggi più che mai incarnata da questo PD, vista la “fine” di Vendola e della cosiddetta “sinistra radicale”) completamente incapace di imporsi sul panorama europeo con una politica capace di tutelare almeno lontanamente le prerogative nazionali e del proprio popolo e completamente incapace a vincere sul terreno delle idee, dei contenuti e delle proposte (seppur blande) contro il fronte del populismo demagogico del solito intramontabile e invincibile Berlusconi e intercettare in qualche modo il malcontento montante e straripante che invece ingrossa i consensi di Grillo.
Un partito che si dice ultraeuropeista convinto e che non ha nemmeno uno straccio di proposta di riforma europea, considerata l’oggettiva asimmetria di questa Europa che schiaccia i paesi più deboli, ferma la crescita, ingigantisce la crisi sociale, taglia diritti e tutele, smantella il welfare, uccide aziende e agricoltura, aumenta la disoccupazione (sarebbe questo il sogno della sinistra europea? L’Europa dei popoli? Ma per piacere!).
Ecco che allora non devono stupire i risultati elettorali. Ecco che allora non può stupire come un Berlusconi con due trovate demagogiche a momenti rivince le elezioni. Ecco che allora non deve stupire un fenomeno come quello del Movimento 5 Stelle che è l’autentico vincitore delle elezioni e che porterà in Parlamento una serie di persone che non hanno mai messo piede nelle istituzioni, incensurate, oneste, giovani.
E la sinistra italiana, ormai senza identità culturale e sociale, viene letteralmente travolta da una richiesta radicale (in questo ha perfettamente ragione Vendola) che sale dal paese, dalle viscere di un’Italia piegata da austerity, mafia, ruberie, corruzione, disoccupazione, disperazione, povertà.
Di cosa ha cianciato la classe dirigente del PD in questa campagna elettorale, convinta di avere la vittoria in tasca o quantomeno di accontentarsi di un accordo post-elettorale con Monti? Quali le parole e i programmi veramente di sinistra che avrebbero potuto intercettare quel malcontento popolare che o si è riversato su Grillo o non è andato a votare? Come si può pretendere di scrivere un programma che nei suoi punti principali ricalca pedissequamente le “direttive” europee (scuola, sanità, mercato del lavoro, fiscalità ecc.) e pretendere di vincere? Diciamocelo, ma i dirigenti del PD fanno sul serio? Credono davvero a quello che dicono? O speravano davvero che la mossa della “salita” in politica del Professor Monti potesse sbarazzare il campo daBerlusconi?
Cecità politica e incompetenza. Subordinazione e vuoto culturale e politico. Sono questi i termini su cui tutto il PD, a cominciare dal gruppo dirigente (di cui la base dovrebbe chiedere le dimissioni in blocco immediatamente), dovrebbe riflettere.
Grillo vince. Si, vince. A man bassa. Hanno ragione i “grillini” a rimandare al mittente la battuta sul “boom” alle precedenti regionali siciliane perchè, voglia o non voglia, il filoatlantico Giorgio Napolitano deve ammettere che il “Boom” di Grillo non solo c’è stato, ma ha dimostrato che ormai l’Italia ha davvero bisogno (se ci fossero ancora dubbi ) di una nuova classe dirigente, a tutti i livelli, giovane, onesta, libera da influenze funeste, che sappia davvero lavorare per il bene di questo paese.
Ci troviamo ora in una situazione di ingovernabilità che sapranno sfruttare solo gli squali della finanza, la speculazione, che aumenterà gli interessi sul debito strozzando ancora di più il paese e l’unica possibilità praticabile è, concretamente, un “inciucio” da grande coalizione, la bella ammucchiata, che traghetterà il paese in una nuova fase dove si sentiranno pesanti gli effetti delle manovre sociali ed economiche di Monti, del Fiscal Compact (un autentico suicidio economico per l’Italia) e della crisi mondiale (crescita zero).
Prospettive? Nere. Queste elezioni ci dicono che l’Italia o cambia rotta davvero, o sarà declino assicurato. Che la sinistra ritorni a fare la sinistra. Che dialoghi con il Movimento Cinque Stelle sui contenuti, sulle proposte, sui programmi. Che faccia ammenda di vent’anni di inciucio e di subordinazione ai poteri forti. Che si dichiari pronta a ridiscutere la nostra permanenza in questa Europa e nell’Euro. Che sia capace non di smacchiare giaguari immaginari, ma se stessa da vent’anni di incapacità e di deserto culturale.