Tra le soluzioni che vengono studiate dal Governo per inserire un meccanismo di flessibilità che permetta di raggiungere la pensione con un po’ di anticipo rispetto ai limiti previsti dalla legge Fornero si sta facendo sempre più largo l’ipotesi del prestito aziendale: in pratica i lavoratori che vogliono lasciare il loro posto possono farlo ottenendo dai propri datori di lavoro gli assegni mensili fino al raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge.
Il meccanismo del prestito aziendale per la pensione anticipata
Le somme pagate dalle aziende tra contributi e anticipo della pensione versati fino al raggiungimento delle condizioni fissate dalla legge Fornero, verrebbero poi restituite dall’Inps. La soluzione piace perché non comporterebbe costi allo Stato e i datori di lavoro non subirebbero perdite (perché verranno rimborsati, anche se il meccanismo della restituzione deve essere ancora delineato) e riuscirebbero a svecchiare i dipendenti all’interno delle aziende.
Il lavoratore che vuole andare in pensione con qualche anno di anticipo potrà trovare un accordo con il suo datore, che continuerà a pagare i contributi e anticiperà una quota della pensione. Dal momento in cui verranno raggiunti i limiti di età per ottenere l’assegno previdenziale, l’Inps restituirà all’azienda i soldi anticipata prelevandoli dall’importo mensile del suo ex lavoratore. Il Governo vorrebbe applicare questo meccanismo anche a coloro che sono stati licenziati tra il 2012 e il 2015 e che non rientrano tra gli esodati: in questo caso il prestito pensionistico sarebbe a carico dello Stato, ma la pensione verrebbe ugualmente decurtata in base all’importo anticipato e al periodo per il quale viene percepito.
Opzione donna ed esodati, le intenzioni del Governo
Al prestito aziendale per la pensione anticipata l’Esecutivo vorrebbe affiancare un nuovo intervento a favore degli esodati che non necessariamente avrà la forma della salvaguardia. Si pensa ad alcune modifiche ai “paracadute” che esistono già. Per quanto riguarda le lavoratrici, si pensa ad un prolungamento dell’Opzione Donna, che attualmente prevede la possibilità per le donne che hanno raggiunto i 57 anni di età e i 35 di contributi di andare in pensione con il calcolo contributivo, andando quindi incontro ad una decurtazione dell’assegno che può arrivare fino al 30%; forse si proverà a ridurre la penalizzazione, ma per questo bisognerà valutare i costi dell’operazione sul bilancio dello Stato.