La legge di conversione del decreto Milleproroghe è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale: entro trenta giorni (quindi entro la fine di marzo 2016) dovrà essere pubblicato anche il decreto ministeriale sull’attuazione del part time per lavoratori over 63 a cui mancano tre anni al raggiungimento dei requisiti per l’accesso alle pensioni di vecchiaia.
Part time per lavoratori over 63: come funziona e le novità del Milleproroghe
L’unica novità in tema di pensioni prevista dal Milleproroghe è l’allargamento della possibilità di sfruttare il part time anche ai dipendenti del settore privato iscritti a forme esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria, come ad esempio il Fondo Speciale delle Ferrovie dello Stato e il Fondo Poste. Da marzo quindi i lavoratori che sono dipendenti del settore privato a tempo indeterminato a cui mancano non più di tre anni alle pensioni di vecchiaia potranno, dopo aver raggiunto un accordo con il proprio datore di lavoro, attivare su base volontaria il part time, con una riduzione dell’orario lavorativo compresa tra il 40 e il 60%. Durante il periodo di lavoro ad orario ridotto li datore dovrà versare in busta paga i contributi previdenziali per la prestazione non effettuata; questa cifra avrà un trattamento speciale, visto che non sarà considerata come reddito da lavoro dipendente e non verrà assoggettato alla contribuzione previdenziale. Lo Stato riconosce la copertura figurativa della quota di retribuzione perduta dal lavoratore e in questo modo le pensioni verranno erogate come se il rapporto di lavoro non si fosse tramutato in part time.
I lavoratori che scelgono di sfruttare questa possibilità riceveranno una retribuzione leggermente inferiore ai 2/3 dell’importo che avrebbero ricevuto continuando con l’orario di lavoro tradizionale. Per fare un esempio, prendiamo un lavoratore con uno stipendio di 2.000 euro: se passa al part time al 50% in busta paga riceverà 1.000 euro come stipendio ridotto dal dimezzamento dell’orario di lavoro più 300 euro (completamente esentasse) di quota aggiuntiva. Al raggiungimento della pensione, il soggetto verrà trattato come se avesse lavorato a tempo pieno fino al momento della sua uscita; il part time quindi non avrà alcuna incidenza sull’importo dell’assegno mensile delle pensioni: nessuna penalizzazione legata al calo della contribuzione. Il meccanismo non può durare per più di tre anni e ricordiamo che è necessario che lavoratore e datore trovino un accordo, visto che quest’ultimo, anche se dovrà pagare meno a livello di retribuzione, dovrà continuare a corrispondere la quota contributiva piena e in questo modo il costo del lavoro su base oraria per lui aumenta.
Pensioni, i requisiti per accedere al part time
Per accedere alla misura i lavoratori devono presentare precisi requisiti: devono essere dipendenti del settore privato assunti a tempo indeterminato e non possono trovarsi a più di tre anni dal raggiungimento delle pensioni di vecchiaia (questo vuol dire che l’età minima per richiedere il part time è di 63 anni e 7 mesi per gli uomini e di 62 anni e 7 mesi per le donne). È inoltre necessario che ci siano come minimo 20 anni di contributi. Sono esclusi quindi i lavoratori con contratti a tempo determinato e i dipendenti del pubblico impiego, anche se per loro la delega sulla Pubblica Amministrazione (in attesa di attuazione) prevede una norma simile per agevolare il ricambio generazionale. Il beneficio verrà riconosciuto dall’Inps entro un limite massimo di spesa fissato a 60 milioni di euro per quest’anno, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018 (il part time per lavoratori over 63 sarà infatti introdotto in via sperimentale fino al 2018).