Quanto tempo ancora dovranno aspettare i parenti delle vittime della strage di Piazza Fontana per avere giustizia?
Milano, 12 Dicembre 1969. Un devastante ordigno al tritolo esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano. Bilancio terribile: 17 morti e 88 feriti. Con la strage di Piazza Fontana, che sarà la prima di una lunga serie, inizia per la nazione italiana il calvario dei cosiddetti “anni di piombo“, oltre un decennio che insanguinerà l’Italia mettendola a ferro a e fuoco e facendola precipitare nel baratro della guerra civile.
Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra ed estrema destra. Il primo ad essere convocato in questura è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo 3 giorni di interrogatori non viene contestata a Pinelli alcuna imputazione. Nessuna prova a suo carico che lo coinvolga nella strage di Piazza Fontana. Nonostante questo non viene comunque rimesso in libertà. A interrogarlo è il commissario Luigi Calabresi.
Tre giorni dopo l’arresto, esattamente il 15 Dicembre 1969, Giuseppe Pinelli muore precipitando da una finestra della questura mentre era in pieno svolgimento un suo interrogatorio. La versione ufficiale fornita dalla polizia parla di suicidio. Ma sulla ricostruzione della vicenda la versione fornita dagli agenti è dubbia e lacunosa. I quattro poliziotti e il tenente dei carabinieri Savino Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte di Pinelli, saranno oggetto di un inchiesta per omicidio colposo. Sarà successivamente aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario, procedimento che si concluderà solo nel 1975 con la loro assoluzione.
Ad accentuare il dramma di questa sconcertante vicenda, si aggiunge l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, che avviene il 17 Maggio 1972 sotto la sua abitazione di Milano. Le prime indagini furono indirizzate verso il terrorista nero Gianni Nardi. Il commissario stava indagando su un traffico illegale di armi tra il Veneto e la Svizzera, un indagine che coinvolgeva non solo Nardi ma anche la rete paramilitare “ Gladio” a cui lo stesso Nardi apparteneva. L’inchiesta sul terrorista nero non venne mai conclusa, in quanto perse successivamente la vita il 10 Settembre 1976 in un incidente d’auto. Un incidente che ancora oggi è pieno di sospetti e di circostanze poco chiare.
Il “romanzo criminale” legato alle conseguenze della bomba di Piazza Fontana non si ferma e nel 1988, dopo le dichiarazioni dell’ex appartenente a “Lotta Continua” Leonardo Marino, viene incriminato come mandante Adriano Sofri leader della stessa “Lotta Continua” nel 1972 insieme a Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani. Nel 1997 verranno tutti condannati in via definitiva, anche se hanno sempre negato il proprio coinvolgimento nell’omicidio di Calabresi.
Per la strage di Piazza Fontana nell’arco di venti anni le indagini, sempre oscillanti tra piste rosse e piste nere, non hanno prodotto una verità giudiziaria. II 16 Dicembre 1969, il giorno dopo la morte di Pinelli, venne arrestato l’anarchico di sinistra Pietro Valpreda, anni 36, professione ballerino. Successivamente la magistratura riconosce l’innocenza di Valpreda e attribuisce l’attentato a due militanti dell’estrema destra Italiana appartenenti al gruppo extraparlamentare “ Ordine Nuovo”, Franco Freda e Giovanni Ventura. Insieme a loro viene incriminato un giornalista legato si servizi segreti, Guido Giannettini.
Nel corso delle indagini vengono scoperti legami tra i servizi segreti italiani, in modo particolare con il S.I.D. il servizio segreto militare, e movimenti di estrema destra, come Ordine Nuovo capeggiato da Pino Rauti che verrà arrestato il 3 Marzo 1972 su ordine della procura di Treviso. L’accusa verso Rauti è di ricostituzione del partito fascista e di coinvolgimento nella strage di Piazza Fontana. Verrà rilasciato il 24 Aprile 1972, prima di essere eletto deputato, per insufficienza di prove. Tutto questo, però, rivelò l’esistenza di una “strategia della tensione“, ordita da qualche centro di potere occulto per conseguire fini politici ben precisi. A detta di tutti i vari storici che hanno a lungo indagato e studiato tutto questo, l’obiettivo di questa strategia era quello di bloccare l’avanzata sempre forte e democratica del Partito Comunista Italiano.
Le stragi, le bombe e i morti dovevano servire per promulgare leggi speciali sull’ordine pubblico e provocare una svolta autoritaria e antidemocratica nel paese. La storia dovrà ancora dare tante risposte su quello che è successo davvero in quegli anni. Ma chi non può più aspettare sono le 17 vittime di Piazza Fontana. Nonostante 7 processi quella strage non ha ancora colpevoli. Nel 2000 l’ultima assoluzione a carico dei neofascisti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi. Chissà per quanto tempo ancora dovranno aspettare i parenti di quelle 17 vittime innocenti per avere giustizia per tutte le loro dolorose lacrime versate.