C’era una volta il posto fisso: se la bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego fosse una favola potrebbe cominciare in questo modo; quello che probabilmente è il decreto più atteso tra quelli che riguardano la riforma della pubblica amministrazione approvata un anno fa toglie due capisaldi storici del lavoro statale, ovvero il posto fisso e gli scatti di anzianità. Entriamo più nel dettaglio e cerchiamo di capire le novità principali del decreto, cosa cambia e a chi riguarda.
Statali, addio al posto fisso: per le eccedenze trasferimento o disponibilità
La “morte” del posto fisso è sancita dalla pagina 72 del decreto (in tutto sono 133 pagine): ogni anno tutte le amministrazioni sono tenute a comunicare al Ministero le eventuali eccedenze di personale rispetto alla situazione finanziaria e alle esigenze funzionali. Tradotto in parole povere: ogni anno l’amministrazione dovrà indicare quanti sono i dipendenti che non servono più o che non possono essere tenuti in carico per esigenze di bilancio. Per le eccedenze si aprono due strade: o il trasferimento presso un altro ufficio (nel raggio di 50 km) con mobilità obbligatoria oppure la messa in disponibilità, ovvero non lavorano, percepiscono l’80% dello stipendio con relativi contributi, ma se entro due anni non trovano un altro posto (accettando anche inquadramenti più bassi con stipendi meno importanti) il rapporto di lavoro si intende definitivamente chiuso. In realtà un meccanismo simile esiste già, ma gli uffici che non segnalano le eccedenze non rischiano nulla e per questo motivo non lo fanno. Le nuove regole invece comportano lo stop alle assunzioni e un procedimento disciplinare per il dirigente.
Stop agli scatti di anzianità e altre novità del decreto sul pubblico impiego
Quindi gli statali dovranno dire addio al posto fisso, ma non solo, visto che anche gli scatti di anzianità sembrano destinati a non avere un futuro. A dire il vero la notizia era già nell’aria, visto che comunque gli scatti sono stati congelati per tantissimo tempo. Il nuovo testo unico li cancella del tutto e per sempre: al termine di ogni anno i dipendenti vengono valutati dai dirigenti in base al lavoro svolto e in funzione di queste “pagelle” verrà assegnato un aumento ad un numero di lavoratori che non può superare il 20% dei dipendenti di quella amministrazione. L’entità del ritocco dello stipendio dipenderà dalle risorse disponibili: niente più aumenti automatici e indiscriminati.
Le novità non finiscono qui: la bozza del decreto infatti fa riferimento anche al requisito della conoscenza della lingua inglese per i concorsi pubblici, alla visita fiscale automatica per tutte le assenza fatte nei venerdì e nei giorni prefestivi, al procedimento disciplinare più veloce, all’indennità di trasferta e al buono posto uguale per tutti i dipendenti (sette euro al giorno). Tanti piccoli ma importanti aspetti che, se regolati dalla legge, toglieranno potere e margine di manovra ai sindacati.
Cosa cambia e quando entra in vigore la riforma?
Ma parlando di tempi, quand’è che gli statali dovranno dire addio al posto fisso e agli scatti di anzianità? Stando a quanto indicato dalla riforma della pubblica amministrazione, questa parte della delega dovrebbe essere esercitata entro febbraio 2017; il Governo però ha fatto intendere di volersi portare avanti con il lavoro a settembre, ma c’è da considerare che a novembre si terrà il referendum costituzionale: voteranno anche tre milioni di dipendenti statali e probabilmente qualcuno di loro potrebbe avere ancora l’amaro in bocca per le novità che lo hanno coinvolto.