Uno speciale sui presidenti che hanno fatto la storia della A.S. Roma. Corretta Informazione si sofferma, a grandi linee, sulle pagine della società giallorossa attraverso l’avvicendarsi dei suoi presidenti.
Italo Foschi (1927-1928)
L’A.S. Roma nacque durante uno storico incontro che si svolse il 7 maggio 1927 nell’abitazione dell’abruzzese Italo Foschi, il presidente della squadra capitolina della Fortitudo, e risultò dalla fusione di quest’ultima con l’U.S. Alba Audace ed il Roman Football Club (il quale era sorto agli inizi del secolo grazie ad alcuni residenti scozzesi). I tre fondatori (Foschi, Scialoja ed Igliori) formalizzarono la nascita della società con un atto notarile il 22 luglio di quello stesso anno, stabilendo la prima sede sociale in via Uffici del Vicario 35. La squadra era già caratterizzata dai colori giallo e rosso nonchè dallo scudetto con la lupa capitolina. La prima formazione di calciatori era formata dai ‘migliori’ delle tre squadre originarie, salvo lo iugoslavo Mario Bussich che proveniva dalla Triestina. Il calciatore veronese Giorgio Carpi, che giungeva dal Roman, non volle essere stipendiato, e non sottoscrisse alcun contratto.
Con il suo primo presidente, Italo Foschi, la Roma giocava al Motovelodromo Appio, che venne messo a disposizione dall’Alba Audace, la quale se ne serviva dal 1912. Questo campo (che era circondato da una pista sopraelevata per le gare ciclistiche) si trovava nei pressi dell’attuale largo dei Colli Albani, e si raggiungeva dal distante capolinea di una linea tranviaria. La prima partita della Roma fu un’amichevole contro gli ungheresi dell’Ujpest, che la neo-squadra vinse per due a uno. La prima partita ufficiale in campionato venne giocata il 25 settembre 1927 contro il Livorno, e finì due a zero per i capitolini, con goal di Luigi Ziroli e Cesare Fasanelli (quest’ultimo segnerà ben 72 reti per la Roma). La Gazzetta dello Sport, il giorno seguente, fece il resoconto della partita, che iniziò con 45 minuti di ritardo a causa delle malmesse condizioni di quel primo stadio, che conteneva circa 10.000 spettatori. Un carro-botte doveva, in quella calda giornata ancora estiva, spruzzare acqua sul terreno da gioco, invece si bloccò e dovette essere rimosso dai pompieri.
All’epoca non esisteva ancora il girone unico, ma ben quattro divisioni, dove la A e la B erano riservate a squadre che giocavano a livello nazionale, e la C e la D a squadre che giocavano a livello regionale. Alla fine del suo primo anno di campionato la Roma, poichè raggiunse solo l’ottavo posto nella divisione B, dovette accontentarsi della Coppa Coni, che era un premio di consolazione per la miglior squadra che non poteva prender parte alla gara finale per lo scudetto. La finale per la Coppa Coni venne giocata contro il Modena e ripetuta per ben tre volte, poichè a quei tempi non erano ancora previsti i calci di rigore per lo spareggio. La terza partita si disputò il 29 luglio 1928 nel campo neutrale di Firenze, e la Roma ne uscì finalmente vittoriosa per due ad uno.
Il primo capitano della Roma fu Attilio Ferraris, detto Ferraris IV per distinguerlo dai suoi fratelli, e chiamato anche ‘il biondino di Borgo Pio‘ dai tempi in cui giocava con la Fortitudo. Ferraris amava le sigarette ed il gioco, che per un certo periodo lo allontanarono dagli stadi, ma il 10 giugno 1934 divenne ‘campione del mondo’, e quindi tornò una preda ambita sul mercato, tanto che passò inaspettatamente alla Lazio. Nonostante il suo spirito pioneristico, il presidente Italo Foschi rimase in carica soltanto un anno, poiché il regime fascista lo mandò a La Spezia, dove diventò prefetto.
Renato Sacerdoti (1928-1935)
Il secondo presidente della Roma fu Renato Sacerdoti, un banchiere che era stato, come Vittorio Scialoja, uno dei dirigenti del Roman, ed il cui sostegno economico fu indispensabile per la nascita della squadra. Sposato con una contessa romana, aveva anche diverse tenute agricole in Umbria.
Grazie a Sacerdoti, la Roma ebbe un vero e proprio stadio, il mitico campo Testaccio, a cui fu anche intitolato il primo inno romanista (composto da Toto Castellucci nel 1931) che recitava: “finchè Sacerdoti ce sta accanto/porteremo sempre er vanto/Roma nostra brillerà“. Campo Testaccio prese il nome dal celebre quartiere presso la Piramide Cestia, e fu progettato dall’ing. Silvio Sensi (padre del futuro presidente Franco) prendendo come modello lo stadio Everton di Liverpool. Inaugurato il 3 novembre 1929 con la partita Roma-Brescia, era costituito da quattro tribune in legno verniciate di giallo e di rosso, e poteva accogliere fino a 20.000 spettatori. Sul campo in erba era edificata anche l’abitazione dell’allenatore, con lo stemma della società. Il clima che si respirava in questo stadio era molto familiare, tanto che la moglie del custode (‘Sora Angelica‘) non disdegnava di rammendare calzini, riparare scarpini e lavare magliette (fonte n.3 ). Il costo del biglietto era piuttosto alto (fra le dieci e le trentacinque lire) anche se donne, militari, universitari e dopolavoristi pagavano metà prezzo. Chi non trovava posto si assiepava sul contiguo monte dei Cocci (che si innalzava lungo Via Zabaglia) dal quale si poteva vedere metà del campo da gioco. Durante la stagione ’38-’39 la tribuna distinti iniziò a cedere, quindi il legno venne rimpiazzato col cemento, ma in realtà la struttura era ormai inadeguata per accogliere una tifoseria sempre più numerosa. L’ultima partita a Campo Testaccio venne giocata il 30 giugno 1940.
Il 9 dicembre 1929, nello stadio laziale della Rondinella (dove quel giorno sventolavano per la maggioranza bandierine giallo-rosse) venne disputato il primo derby. Questo avvenne grazie all’introduzione del girone unico, che permise alle due squadre di affrontarsi per la prima volta. La Roma vinse per uno a zero grazie al goal del biondo istriano Rodolfo Volk, che durante il servizio militare aveva giocato sotto pseudonimo nella Fiorentina. Dopo un breve intervallo nella natia Fiume, questo calciatore giunse nella capitale, dove segnò 103 volte, per poi essere ceduto al Pisa. I tifosi lo chiamavano ‘Sigfrido‘ (o meglio, ‘Sigghefrido‘) per la sua imponente stazza di richiamo germanico, oppure ‘sciabbolone‘ per contrapporlo a ‘sciaboletta’, il nomignolo affibiato al piccolo re Vittorio Emanuele III.
Il 15 marzo 1931, a campo Testaccio, la Roma vinse contro la Juventus per cinque a zero, e questa storica partita ispirò perfino un film del regista Mario Bonnard. Autore di una doppietta fu Fulvio Bernardini, detto ‘Foffo‘ oppure ‘il dottore’ (si era laureato in economia) e grande merito ebbe anche il portiere veronese Guido Masetti (‘er saracinesca’). Sacerdoti, nel 1931, acquistò anche il primo ‘reuccio di Bari‘, Raffaele Costantino.
Il 1 maggio 1933 vennero accolti alla stazione Termini i tre calciatori argentini (di origine italiana) Enrico Guaita, Alejandro Scopelli ed Andrè Stagnaro (‘il corsaro nero‘, ‘il coniglietto‘ e ‘la pertica‘) che il 19 settembre del 1935 lasciarono tutti e tre di nascosto la penisola per timore di dover combattere la guerra in Etiopia. Il loro allenatore Luigi Barbesino , che quel pomeriggio li attenderà invano sul campo di calcio, era invece un aviatore, che perse la vita in una rischiosa missione nei cieli della Tunisia.
Alcuni mesi prima di questo episodio il presidente Sacerdoti, poiché di origini ebraiche, venne rimosso dal suo incarico.
Antonio Scialoja (da giugno a novembre 1935) ed Igino Betti (1935-1941)
Sacerdoti venne sostituito, per qualche mese, da Antonio Scialoja, il cui padre Vittorio aveva fatto parte del ‘triumvirato’ fondatore dell’ A.S. Roma. Alla fine del 1935 divenne presidente il gerarca Igino Betti, che per sostituire il fuggitivo Guaita prese dal vivaio un ragazzino dei castelli romani, Dante di Benedetti (simpaticamente detto ‘Provolone‘) che segnò 19 goal in sole due stagioni, ma che dovette poi ritirarsi a causa di un infortunio. Il giovane Amadeo Amadei era invece chiamato ‘il fornaretto di Frascati‘ perchè i genitori avevano un panificio, poi reso oggetto dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Amadei scappò di casa in bicicletta per fare il provino a campo Testaccio, ed il 9 maggio 1937, dopo sette giorni dalla sua partita di esordio, realizzò il primo goal, divenendo e restando, fino ad oggi, l’unico quindicenne ad aver segnato nella massima divisione del calcio italiano.
Edgardo Bazzini (1941-1944)
Nel 1941 subentrò il cavaliere di gran croce Edgardo Bazzini, direttore generale dell’Agip ed imprenditore nelle ricerche petrolifere. Con questo presidente (che era di origini emiliane) il 14 giugno 1942 la Roma vinse il suo primo scudetto, ed era la prima volta che, citando la Gazzetta dello Sport, una squadra del centro Italia entrava ‘nel libro d’oro del torneo nazionale’. La partita decisiva fu quella che si disputò col Modena nel futuro stadio Flaminio (allora chiamato ‘Stadio Nazionale‘) alla presenza di 25.000 spettatori. La Roma vinse per due goal a zero, ed il Torino scivolò al secondo posto, a tre punti di distanza. I goal furono segnati dal pistoiese Renato Cappellini e dal vercellese Ermes Borsetti. La squadra era allenata dall’ungherese Alfred Shaffer, e nelle foto dei festeggiamenti dell’epoca spicca Amadei con il suo cappello da bersagliere. Quel campionato del ’41-’42 fu senza dubbio sofferto, anche se tuttora diffusa è l’insinuazione che questo primo scudetto sia stato un ‘regalo del duce’, il quale in realtà era un tifoso del Bologna ed aveva tutti i figli laziali.
Il 23 maggio 1943 la Roma giunse in semifinale di Coppa Italia. Tuttavia, poichè la partita fu sospesa, la vittoria venne assegnata al Torino a tavolino. Durante l’intervallo fra il primo ed il secondo tempo, i calciatori della Roma trovarono ad attenderli nello spogliatoio un regalo di dubbio gusto, ovvero undici paia di forbici, volte a’scucire’ lo scudetto dalle loro maglie (fonte n.2 ). Quell’anno i granada vinsero anche il campionato.
Pietro Baldassarre (1944-1949) e Pier Carlo Restagno (1949-1952)
Quando il presidente Bazzini diede le dimissioni lo sostituì Pietro Baldassarre, che si trovò a gestire la squadra durante il periodo bellico. Il torneo nazionale venne sospeso per due stagioni, dando spazio a competizioni locali (come il campionato romano di guerra) ed in questo periodo di bombe e di fame (nel quale nacque anche il totocalcio nel ’46) Baldassarre cedette il passo a Pier Carlo Restagno, un banchiere torinese che dirigeva l’ istituto San Paolo, e che divenne anche deputato e senatore.
Il 17 giugno 1951 la Roma finisce in serie B, (dopo essersi salvata per miracolo l’anno precedente) ed a nulla valse il tentativo di salvarla comprando tre calciatori svedesi che si erano distinti in nazionale, battendo l’Italia. L’ assenza di Amadei, ceduto all’Inter, pesava come un macigno, e nemmeno il ripescaggio del portiere Masetti (rimasto mitico per le sue 358 parate) riuscì ad evitare il tracollo. Solo i tifosi non persero il loro spirito, innalzando lo striscione: ‘La Roma é sempre la squadra più grande del mondo‘.
Romolo Vaselli (da giugno a novembre 1952) e Renato Sacerdoti (1952-1958)
Dopo un breve interregno col conte Romolo Vaselli (il quale, a quanto pare, aveva una famiglia totalmente laziale, e quindi non era simpatico ai tifosi) torna il presidente Renato Sacerdoti, che il 16 ottobre 1943 si era salvato dal rastrellamento del ghetto, rifugiandosi in un convento. A lui viene affidato il compito di risollevare le sorti della squadra, che nel giro di sole sette giornate sarà già in testa alla classifica di serie B, anche se il suo primato verrà marcato stretto, soprattutto dal Brescia. Il ritorno in serie A venne festeggiato dai tifosi come la conquista di uno scudetto, e l’inaugurazione, il 17 maggio 1953, dello stadio Olimpico segnò l’inizio di una nuova epoca.
Egisto Pandolfini fu il primo calciatore della Roma a segnare un goal in diretta televisiva, il che avvenne il 24 gennaio 1954 durante la partita Italia- Egitto, finita cinque ad uno e valida per la qualificazione ai mondiali di quello stesso anno.
Il 20 marzo 1955 esordisce in giallo-rosso Giacomo Losi, uno dei più amati capitani, che totalizzò 386 presenze. Nato vicino a Cremona, da bambino portava le munizioni ai partigiani. Nella provincia lombarda giocò per due stagioni, e poi giunse nella capitale, conquistando il titolo di ‘core de Roma‘ durante una partita dell’8 gennaio 1961. All’epoca non si veniva sostituiti, e Losi, anche se le sue condizioni fisiche erano scarse, quel giorno segnò sotto la pioggia un famoso goal di testa che decretò la vittoria della Roma contro la Sampdoria.
Nel ’56 l’abbondante nevicata notturna di sabato 10 marzo rinviò il derby del seguente pomeriggio domenicale. Capocannoniere della seguente stagione fu il brasiliano (di origini italiane) Dino Da Costa, che fu chiamato ‘castigalaziali‘ per i nove goal segnati durante i derby.
Anacleto Gianni (1958-1962) e Francesco Marini Dettina (1962-1965)
Il presidente e cav. Anacleto Gianni (originario di Amatrice) il 10 luglio del 1958 portò lo svedese Arne Selmosson (detto ‘raggio di luna‘ per i suoi capelli biondissimi) alla Roma, scatenando un putiferio fra i tifosi laziali, che non volevano staccarsene, e che per tenerlo si scontrarono perfino con le forze armate. Selmosson fa coppia con l’argentino Pedro Waldemar Manfredini (chiamato ‘Piedone‘ per via di una foto illusoria) e lo svedese resta l’unico calciatore ad aver segnato, durante i derby, sia con la Roma che con la Lazio (tre reti con la Lupa due con gli Aquilotti).
Nel 1961 la Roma vince la Coppa delle Fiere (che dieci anni dopo diventerà la Coppa Uefa ed é oggi conosciuta come Europa League), imponendosi sul Birmingham per due a zero (dopo il pareggio in trasferta). L’anno seguente arriverà il portiere Alberto Ginulfi, rimasto famoso soprattutto per un rigore parato a Pelè durante un’amichevole contro il Santos il 3 marzo 1972. Con questo portiere, nel 1962, la Roma vince il trofeo Costa del Sol, un torneo internazionale amichevole di calcio che si è svolto fino al 1981 in Spagna, nello stadio di Malaga.
Al presidente Anacleto Gianni succede il conte romano Francesco Marini Dettina, un paracadutista insignito di medaglia d’argento al valor militare, che si trovò a che fare con una società che aveva più di due miliardi di debiti. Nonostante ciò, l’8 settembre 1963 entra in campo il nuovo calciatore brasiliano Angelo Sormani, acquistato dal Mantova per 500 milioni (e, non a caso, i tifosi lo chiamarono ‘Mr Mezzo Miliardo‘).
Il 6 settembre 1964 venne innalzata la prima Coppa Italia, ma nel Natale di quello stesso anno i calciatori erano senza stipendio e manifestarono l’intenzione di non giocare la partita prevista per il 22 dicembre. Il 30 dicembre l’allenatore argentino Juan Carlos Lorenzo annunciò che la squadra non sarebbe andata in trasferta allora i tifosi, il giorno di San Silvestro, si riunirono al Teatro Sistina, messo a disposizione dal direttore artistico Piero Garinei, e fecero una colletta per aiutare la squadra del cuore indebitata. Giacomo Losi, con tanto di cappello, passò a raccogliere le offerte, che ammontarono ad un milione e mezzo di lire (c’è chi dice assai meno, intorno alle 700.000 lire). Anche se la somma venne poi destinata alle vittime del Vajont (corrieredellosport.it, 16 dicembre 2011), il crollo d’immagine della squadra era ormai inevitabile, cosicché a Vicenza i calciatori vennero accolti con fischi e lanci di monetine.
Franco Evangelisti (1965-1968), Francesco Ranucci (1968) e Alvaro Marchini (1968-1971)
Il presidente Franco Evangelista (che era di Alatri, vicino a Frosinone) riesce a risanare le casse non solo vendendo calciatori ma anche con un prestito federale e trasformando l’ A.S. Roma in società per azioni. Braccio destro del democristiano Giulio Andreotti, fu di Evangelista la scelta ingaggiare in panchina il ‘mago‘ dell’Inter Helenio Herrera. Questo allenatore franco-brasiliano resta una figura assai controversa, seppur sotto certi aspetti innovativa. Ad esempio, valorizzava molto, come elemento motivazionale, l’incitamento del pubblico, che a quei tempi era assai più silenzioso di oggi, e forse di deve proprio a lui l’indiretto merito di quel memorabile 16 marzo 1986, quando in panchine sedeva lo svedese Eriksson, e sugli spalti venne allestita una coreografia talmente maestosa che forse non fu affatto un caso se poi la Roma vinse con un’intimidita Juventus per tre a zero.
Herrera volle avere in squadra il terzino di San Vito Romano Francesco Rocca, detto ‘Kawasaky‘ per la sua velocità, ma che fu poi costretto a ritirarsi, a soli ventidue anni, a causa di un infortunio.
Il ‘mago‘ divenne anche bersaglio di Ferruccio Mazzola, fratello del più famoso Sandro, che nel 2004 scrisse un libro sui lati oscuri del calcio (Il terzo incomodo, Bradipolibri Editori). Ferruccio Mazzola venne, per questa pubblicazione (a cui seguirono svariate interviste) isolato da tutti, ed anche denunciato dalla società interista (si veda art. di Luca Pisapia, ilfattoquotidano.it , 7 maggio 2013 ed art. di Alessandro Gilioli, espresso.repubblica.it , 16 maggio 2015).
Herrera licenziò Giacomo Losi, il quale, pur di non lasciare la città, preferì retrocedere in serie D, nella Trastevere Calcio. Discutibile e fatale resta poi la sua decisione del 16 marzo 1969, quando l’allenatore farà entrare in campo Giuliano Taccola, che soffriva di febbri intermittenti (per le quali si stava indagando la causa) e che subito dopo la partita contro il Cagliari morirà negli spogliatoi per una crisi cardio-respiratoria.
Ad Evangelisti succede l’avvocato Francesco Ranucci, che dopo soli pochi mesi lascia il timone ad Alvaro Marchini, pro-zio dell’attuale politico Alfio. Ex-partigiano e costruttore, simpatizzante del partito comunista (al quale donò un palazzo) Marchini era chiamato ‘calce e martello‘, oppure ‘miliardario rosso‘. Con lui la Roma vinse, nel 1969, la seconda Coppa Italia, ma nel luglio dell’anno seguente suscitò parecchie polemiche per la cessione alla Juve di Luciano Spinosi, Fausto Landini e Fabio Capello. In compenso, nel 1971 la Roma vincerà, grazie ad una rete di Cappellini, il trofeo intitolato al calciatore interista Armando Picchi, scomparso solo un mese prima. A questo torneo parteciparono, oltre ai nero-azzurri ed ai giallo-rossi, anche la Juve ed il Cagliari.
Gaetano Anzalone (luglio 1971-1979)
Si deve al presidente romano Gaetano Anzalone (che era un costruttore edile) il merito di aver regalato alla squadra uno dei suoi più gloriosi allenatori, lo svedese Nils Liedholm, che aveva giocato nel Milan per dodici campionati, e che quando diventò tecnico inaugurò in Italia la disposizione difensiva ‘ a zone’, in base alla quale si attribuiva al calciatore un’area del campo su cui esercitare un controllo. Questo metodo si opponeva a quello che si basava sulla marcatura ad uomo, utilizzata anche nel cosiddetto ‘catenaccio’ (una strategia rigidamente difensiva a cui generalmente si ricorre quando i calciatori si trovano in inferiorità numerica rispetto agli avversari). Liedholm fu soprannominato ‘il barone‘ anche per i suoi modi corretti e signorili, e nel nome di queste qualità dal 2011 viene attribuito un premio a lui dedicato, il cui primo vincitore fu l’emiliano Carlo Ancelotti, uno dei più apprezzati capitani romanisti. Liedholm compare sulla prima copertina dell’album di figurine ‘Panini’, per la quale i collezionisti sarebbero disposti spendere una piccola fortuna.
Al presidente Anzalone si deve anche l’acquisto di uno dei più grandi calciatori della Roma, il goleador ligure Roberto Pruzzo, che venne acquistato per tre miliardi di lire dal Genoa, con uno sconto concesso in cambio di Bruno Conti in prestito. Quest’ultimo tornerà alla Roma nel 1979, per diventarne ‘sindaco‘ nel cuore dei tifosi, tanto che la sua partita di addio all’Olimpico del 23 maggio 1991 venne seguita da più di ottantamila persone.
Nel 1972 la Roma vince la terza edizione della coppa anglo-italiana, un torneo riservato esclusivamente a squadre inglesi ed italiane, e nel 1978 il lupetto del grafico milanese Piero Gratton compare per la prima volta come ornamento sulle divise dei calciatori. Il 23 luglio 1979 viene invece inaugurato il campo di Trigoria, ovvero il centro sportivo intitolato al Fulvio Bernardini dove tuttora si svolgono gli allenamenti della squadra. Oltre a campi ed edifici, su questa vasta area si trova, dall’anno giubilare del 2000, anche una cappella dedicata a Giovanni Paolo II.
Dino Viola (1979-1991) e Flora Viola (1991, da gennaio ad aprile)
Il 16 marzo 1979 il presidente Anzalone rassegna le dimissioni per dare il via alla lunga presidenza di Dino Viola. Originario della Lunigiana, vicino a Massa Carrara, Viola giunge a Roma come studente d’ingegneria. Dopo una parentesi in Veneto (dove apre un’industria) torna nella capitale, dedicandosi anche alla politica (sarà senatore democristiano dall’ ’83 all’ ’87). Variegati e contrastanti furono gli avvenimenti che caratterizzarono l’era Viola.
Prima del derby del 28 ottobre 1979 muore allo stadio Olimpico il tifoso laziale Vincenzo Paparelli, un padre di famiglia che venne colpito da un razzo sparato dal diciannovenne romanista Giovanni Fiorillo. Il ragazzo, dopo qualche mese di latitanza in Svizzera, si costituirà, e verrà, dopo un processo durato circa sette anni, condannato a sei anni di reclusione, per morire poi nel ’93 a causa di una malattia. La partita, seppur per ragioni di ordine pubblico, quella domenica si giocò ugualmente.
Il 10 agosto 1980, quasi due mesi dopo la vincita della terza Coppa Italia, approdò a Fiumicino il semi-sconosciuto centrocampista brasiliano Paulo Roberto Falcao, che nel suo paese giocava da sei anni nel club dell’ International. Il primo goal in campionato di questo fuoriclasse arriverà il 22 ottobre 1981. Quell’anno la Roma sponsorizza la pasta Barilla e poi perde per un soffio lo scudetto. In compenso, vincerà la sua quarta Coppa Italia. L’anno successivo l’Italia diventa campione del mondo, con anche Bruno Conti nella rosa vincente.
L’ 8 maggio 1983, grazie ad un pareggio firmato Pruzzo allo stadio Ferraris di Genova, lo scudetto torna a vestirsi di giallo-rosso, coronando un sogno che durava da oltre quarant’anni. Quel giorno la Roma di Liedholm, con una giornata di anticipo dalla fine del campionato, proclamò la sua vittoria su una fortissima Juve, e la gioia che esplose nella capitale resta indescrivibile. L’area del Circo Massimo, nel giro di poche ore, si tinse completamente di bandiere giallo-rosse, e l’inno Grazie Roma di Antonello Venditti resta legato a questo indimenticabile evento.
Roma gioie e dolori. Il 30 maggio 1984 arrivò la grande delusione della finale della Coppa dei Campioni, persa col Liverpool ai calci di rigore per tre a cinque. Durante questa partita il brasiliano Tonihno Cerezo dovette abbandonare il campo a causa dei crampi ed il ‘divino‘ Falcao non se la sentì di tirare dal dischetto. Dopo questa sconfitta (che fu alleviata solo dal conseguimento della quinta Coppa Italia) giunse in panchina un altro svedese, Sven Goran Eriksson, il quale all’epoca non aveva ancora il patentino ed allora fu affiancato prima da Roberto Claguna (formando la cosiddetta ‘coppia clakson‘) e poi da Angelo Sormani. La stagione ’86-’87 sarebbe stata la prima di Eriksson come allenatore ufficiale, invece alla ventinovesima giornata venne esonerato soprattutto a causa di dissapori con Bruno Conti, che veniva spesso lasciato in panchina. Eriksson decise anche di cedere, dopo 67 reti in otto stagioni, Agostino Di Bartolomei al Milan, il club che corteggiava questo calciatore (romano di Tor Marancia) fin da quando aveva 13 anni. Questo trasferimento causerà la reazione di Ciccio Graziani, che prenderà a pugni il suo ex-compagno di squadra per aver esultato troppo durante un giro di campo in rosso-nero. Agostino Di Bartolomei si tolse la vita proprio a dieci anni esatti da quella sfortunata finale di Coppa dei Campioni, il 30 maggio 1994.
Nel 1984 tornerà il giovane Giuseppe Giannini dalla squadra primavera (il debutto in serie A di due anni prima, il 31 gennaio 1982, non era infatti andato a buon fine, a causa di una sfortunata partita col Cesena). Romano e residente ai castelli, questo amato capitano (chiamato ‘il principe‘ per il suo modo di correre a testa alta) con le sue 436 presenze e 75 reti aveva tutte le carte in regole per diventare un simbolo di attaccamento alla maglia, invece nel 1996, soprattutto a causa di dissidi societari (la goccia che fece traboccare il vaso fu una lite col presidente Sensi per un rigore sbagliato) lasciò la Roma per l’austriaca Sturm Graz.
Anche nel 1986 lo scudetto non sembra un miraggio, finchè il 10 aprile avviene l’inaspettata sconfitta per tre ad uno con il Lecce (che era in coda alla classifica) e che permise, la domenica seguente, alla Juve di vincere il campionato. Le accese polemiche e le varie dietrologie che seguirono (in ogni bar si ipotizzò una partita pilotata) vennero placate solo dalla vittoria della sesta Coppa Italia. Il 2 luglio di quello stesso anno scoppiò lo scandalo Vautrot, che prese il nome dall’arbitro della partita del 25 aprile 1984 contro la squadra scozzese del Dundee. La Roma vinse questa partita, che era la semifinale della Coppa dei Campioni, per tre a zero. Anche se vennero annullati due goal ed il rigore concesso alla Roma fu incontestabile, venne sollevata l’accusa di una mazzetta data all’arbitro per favorire i giallo-rossi. Stando alle recenti dichiarazioni di Riccardo Viola, fu proprio suo padre, all’epoca, a denunciare il fatto (repubblica.it, 17 marzo 2011), tuttavia anche il presidente finì sul banco degli imputati, e poi prosciolto per prescrizione.
Il 24 luglio 1987, poichè Ancelotti e Nela erano infortunati, venne comprato Lionello Manfredonia, un calciatore della Lazio che nel marzo 1980 era stato coinvolto nel primo episodio del calcio scommesse (il cosiddetto ‘totonero‘, che aveva causato la retrocessione in serie B sia della Lazio che del Milan). Questo acquisto divise fortemente la tifoseria romanista, tanto che nacquero due opposte fazioni, quella pro e quella contro Manfredonia, il quale dopo due stagioni dovette comunque ritirarsi a causa di serie ragioni di salute. Il 23 agosto 1987 veste in giallo-rosso il centrocampista Rudi Voeller, l’ex- gioiello del Werder Brema che segnerà 45 reti in cinque stagioni. Il ‘tedesco volante’ sperimentò il famoso gesto tecnico del ‘cucchiaio‘, che renderà famoso anche Totti dal dischetto.
Nel 1988, per riempire il vuoto lasciato da Falcao (che non era riuscito a trovare un accordo per il rinnovo contrattuale) Viola comprò, in ‘offerta speciale’, il brasiliano Jorge Luis Da Silva Andrade, dal quale – avendo giocato con Zico nel Flamengo (un’importante squadra del suo paese)- ci si aspettava meraviglie, invece questo calciatore venne soprannominato ‘er moviola‘ per la sua incredibile lentezza in campo, consacrata da un clamoroso tonfo a Dresda sul campo ghiacciato durante un incontro del 23 novembre per la Coppa Uefa, finito due a zero. Esasperati dal poco rendimento anche nelle seguenti partite in campionato, molto suggestivo fu lo striscione dei tifosi che diceva: “Andrade tutti a…“
Il 4 giugno 1989 un tifoso romanista, il non ancora diciannovenne Antonio De Falchi, rimane vittima di un pestaggio davanti ad un cancello dello stadio San Siro alcune ore prima della partita Milan-Roma. ll presidente Viola partecipò al funerale del ragazzo, che si svolse nel quartiere romano di Torre Maura ed a cui prese parte una commossa folla di oltre 10.000 persone (fra cui alcuni calciatori di serie A e l’intera squadra primavera). Anche il presidente del Milan, Silvio Berlusconi, espresse il suo rammarico per l’accaduto, e condannò ogni forma di violenza perpetrata con l’alibi della competizione calcistica.
Il 5 settembre 1990 giunge dalla squadra portoghese del Benfica il difensore brasiliano Aldair Nascimento Dos Santos (chiamato semplicemente Aldair) il quale resterà per tredici stagioni (totalizzando 436 presenze) e poi, pur di non dover giocare contro la Roma, deciderà di trasferirsi in serie B, nel Genoa. La mitica maglia numero 6 di questo fuoriclasse venne ritirata, e non più assegnata per dieci anni. Nel settembre del 1990 vi fu anche l’increscioso episodio riguardante il promettente calciatore Andrea Carnevale, appena giunto dal Napoli, che dopo la partita Roma-Bari del giorno 23 venne trovato positivo al doping assieme al portiere Angelo Peruzzi. Quest’ultimo era giunto alla Roma tre anni prima per sostituire Franco Tancredi (l’eroe del secondo scudetto) che con le sue 382 presenze rimane il portiere in assoluto più ‘duraturo’ della Roma. Tre anni dopo verrà invece squalificato, per assunzione di sostanze illecite, l’argentino Claudio Caniggia.
Il 9 gennaio 1991 il presidente Dino Viola muore a causa di un male incurabile. Il giorno dopo è in programma la partita Roma-Pisa, che viene aperta con i calciatori Giannini e Nela che depongono un mazzo di fiori sulla poltrona dalla quale il loro patron amava incoraggiarli. Un grande striscione sugli spalti dice: “Roma dai sette colli tramanderà la storia di un uomo che da solo le ha dato tanta gloria. Ci hai lasciato un vuoto incolmabile. Addio caro presidente.“
Dopo la scomparsa del marito, la moglie di Viola (che era affettuosamente chiamata dai tifosi ‘Donna Flora‘) assunse per qualche mese la presidenza, per poi far rilevare la società (che nel frattempo aveva notevolmente risanato le sue casse) dall’imprenditore Giuseppe Ciarrapico. Sarà questo presidente che, il 9 giugno 1991, solleverà la settima Coppa Italia.
Giuseppe Ciarrapico (1991-1993) e Ciro di Martino (da maggio a novembre 1993)
Dino Viola era già entrato in trattativa con Ciarrapico prima della sua morte, quindi Donna Flora non fece altro che portare avanti un compito già intrapreso dal marito. Tuttavia, il successore non fu all’altezza del predecessore. Ciarrapico era proprietario di un impero (che includeva anche le terme di Fiuggi, il ristorante panoramico ‘Casina Valadier’ e la rinomata clinica privata Villa Stuart), ma il 18 marzo 1993 venne arrestato a causa delle scandalo Safim Italsanità, che non fu l’unico dei molteplici guai giudiziari che costellarono la sua attività sia imprenditoriale che politica (diventerà senatore di Forza Italia nel 2008).
L’unico lato positivo di quel campionato ’92-’93 (che distava di soli tre punti dal declassamento in serie B) fu che l’allenatore serbo Vujadin Boskov ebbe la geniale intuizione di far scendere in campo un ragazzino sedicenne proveniente dal vivaio, Francesco Totti. Si trattava della partita Brescia-Roma del 23 marzo, che si concluse con la vittoria della lupa capitolina per zero a due. Cresciuto a due passi da Porta Latina, nel quartiere Metronio, il ‘pupone‘ Francesco, prima di entrare nella squadra giovanile della Roma, aveva giocato nella Lodigiani, un altro club cittadino che allenava i promettenti pulcini del calcio. Il suo primo goal in serie A venne realizzato il 4 settembre 1994 contro il Foggia, e da questo momento in poi questo calciatore (nonostante allettanti proposte provenienti anche dal Real Madrid) non lascerà mai la squadra, fino a raggiungere 307 reti e 773 presenze fino al 1 febbraio 2017, quando il Campione ha segnato un rigore che ha aperto i varchi per la semifinale che avvicina al traguardo della decima Coppa Italia.
Quando, il 20 settembre 2015, durante la partita Roma-Sassuolo, Totti ha segnato il trecentesimo goal (svettando di gran lunga sul record di Pruzzo che si era fermato a 138 reti) la sua immagine è comparsa perfino sui biglietti dell’ A.T.A.C., la società dei trasporti pubblici della capitale. Totti ha ricevuto la fascia da capitano da Aldair nel 1998, e la sua enorme popolarità è confermata, ad esempio, dalla creazione del personaggio ‘Papertotti‘, che è comparso sui fumetti di ‘Topolino’ sia nel gennaio 2008 che nel settembre del 2016 (in occasione del quarantesimo compleanno di Francesco, che ricorre il giorno 27). Da menzionare è anche l’impegno di questo calciatore in campo umanitario (nel 2003, ad esempio, divenne ambasciatore dell’ Unicef) nonchè in campo editoriale (sono stati pubblicati otto libri con la Mondadori, fra cui i due famosi delle barzellette, il cui ricavato è stato interamente devoluto in beneficenza).
L’arresto di Ciarrapico aveva lasciato la società in uno stato di totale disorientamento, al quale pose rimedio il generale Ciro Di Martino, che rimase in carica qualche mese.
Franco Sensi (1993-2008) e Rosella Sensi (2008-2011)
L’ 8 novembre del 1993 la Roma viene consegnata a Franco Sensi ed a Pietro Mezzaroma, il quale si fa poi da parte per rendere Franco Sensi il secondo presidente più longevo e più amato della storia giallorossa. Romano di lontane origini marchigiane (negli anni Ottanta diventò, non a caso, sindaco di Visso) Sensi si laureò in matematica a Messina, per poi diventare imprenditore nel campo petrolifero.
Il 29 agosto 1993 arrivò in panchina il trasteverino Carlo Mazzone, che aveva giocato nella Roma alla fine degli anni Cinquanta, e che durante la sua lunga carriera da allenatore si dedicò a diverse squadre. Con la Roma ‘Carletto‘ rimase solo due stagioni, ma ebbe il merito di valorizzare ulteriormente Totti, che all’epoca giungeva a Trigoria con mamma Fiorella.
Sebbene il 29 agosto 1993 fosse giunto dall’ Udinese l’argentino Abel Balbo (che segnò 78 reti in cinque stagioni) la squadra non brillò, anche a causa di (vere o presunte) sviste arbitrali. Esemplare per i lupacchiotti, a questo proposito, resta la partita Juve-Roma del 15 gennaio 1995. Dopo un goal che aveva già creato un clima incandescente (poichè fu causato da un malinteso fra Aldair ed il guardalinee, il quale aveva sbadatamente urtato ‘Pluto‘, causando un’erronea rimessa della palla in gioco), venne anche concesso un contestatissimo rigore dal pesarese Stafoggia (si veda articolo di Stefano Picchieri, corrieredellosport.it, 15 gennaio 2015)
Il 19 novembre 1995 giunse in prestito l’attaccante Marco Del Vecchio che, essendo milanese e di formazione calcistica interista, non venne subito apprezzato dai tifosi, tanto che il suo tipico gesto di esultanza, che consisteva nel toccarsi il padiglione delle orecchie per sentire urla di gioia, inizialmente lo inventò per accogliere ironicamente i numerosi fischi provenienti dalla curva sud. ‘Supermarco’, coi suoi dieci anni di militanza nelle file romaniste (per le quali segnò 83 volte) resta famoso anche per aver segnato nove goal nei derby, proprio come era avvenuto con Dino Da Costa e come farà Totti dopo di lui.
Il 7 settembre 1996 giunse dal Verona Damiano Tommasi, che venne soprannominato ‘anima candida‘ poichè nel 2004, per riconoscenza nei riguardi della società (che non lo aveva ceduto dopo la rottura del legamento crociato) volle rinegoziare il contratto, accontentandosi, per un anno, di soli 1500 euro al mese. Questo calciatore fu il primo a vincere, nel 2002, il premio ‘Etica nello sport‘.
Il 31 agosto 1997, dopo una girandola di allenatori, si ritrovò stabilità in panchina con il cecoslovacco Zdenek Zeman, il quale divenne autore, grazie al modulo tattico 4-3-3, di partite spettacolari e fantasiose, che puntavano più sull’ anti-schematismo che sul risultato (a prescindere da vittorie come il Milan-Roma del 3 maggio 1998, finito zero a cinque). Tuttavia, dopo soli due campionati, Zeman dovrà abdicare a causa del suo carattere schietto, che lo portò a squarciare veli d’ipocrisia ed a rivelare senza remore verità nascoste. Le sue frecciate erano soprattutto dirette alla Juve, tanto che il procuratore di Torino aprì un’inchiesta, nella quale vennero implicati il medico sportivo dei bianco-neri Riccardo Agricola e l’ex-amministratore delegato Antonio Giraudo (si veda articolo di Fabrizio Turco, repubblica.it, 30 marzo 2007).
Il 29 settembre 1999 Zeman (che tornerà solo per un breve periodo nel 2013) viene rimpiazzato dall’assai più diplomatico e riservato Fabio Capello. Nato a Pieris, in provincia di Gorizia, Capello aveva giocato nella Roma dal ’70 al ’76. Il nuovo millennio vide invece l’arrivo del calciatore giapponese Hidetoshi Nakata, che proveniva dal Perugia e che inizialmente fungeva soltanto come sostituto di Totti. Il grande talento del ‘samurai‘ emerse soprattutto nella partita del 6 maggio 2001, che aprì una decisa via al terzo scudetto, che fu conquistato allo stadio Olimpico il seguente 17 giugno grazie alla vittoria sul Parma per tre ad uno (reti di Totti, Montella e Batistuta). Vincenzo Montella è stato anche l’unico calciatore ad aver rifilato alla Lazio quattro goal in una sola partita (il 3 marzo 2002). L’attaccante Gabriel Batistuta, seppur già ‘anzianotto’, venne comprato dalla Fiorentina (dove giocava già da ben nove anni) per la cifra record di settanta miliardi di vecchie lire. L’argentino resta noto, oltre che per le sue 33 reti, anche per essersi impuntato sulla maglia numero 9, che era già indossata dall’ ‘aeroplanino‘, ma che il ‘re leone‘ voleva lo stesso ad ogni costo. Il 19 agosto 2001 arriva anche la prima supercoppa italiana, vincendo con la Fiorentina per tre a zero (la seconda supercoppa verrà invece stretta fra le mani il 19 agosto 2007)
Il 16 settembre 2001 Capello ottiene in squadra, dopo averlo voluto fortemente, il difensore ligure Christian Panucci, che aveva già un ottimo c.v. per aver giocato anche nel Real Madrid, nel Chelsea e perfino nel Monaco in rappresentanza del Principato, ma che, allo stesso tempo, era ritenuto un ragazzo incostante, che passava con facilità da una squadra all’altra. ‘El Grinta‘ rimase invece con la Roma per ben otto stagioni, diventando uno dei suoi fiori all’occhiello. L’8 settembre di quello stesso anno esordisce il diciannovenne Antonio Cassano, che giocava da due campionati per la squadra della sua città, Bari. ‘Peter Pan‘, seppur nessuno fosse ancora in grado di prevederne la brillante carriera, costò a Sensi sessanta miliardi di vecchie lire, e rimase sei stagioni alla Roma (segnando 52 reti), partendo poi alla volta di Madrid soprattutto a causa di bizzarrie caratteriali (le cosiddette ‘cassanate‘) che crearono malumori all’interno della squadra. Cassano partecipò, assieme a Bruno Conti, al matrimonio di Francesco Totti con la conduttrice Ilary Blasi, che fu celebrato nella basilica romana dell’ Ara Coeli nella piovosa giornata del 19 giugno 2005. Dopo la cerimonia i due sposi scesero i 124 gradini del sagrato per salutare i tifosi che li attendevano con lo striscione ‘orgoglio romano‘.
Il 30 ottobre 2001 gioca la sua prima partita in serie A il giovane Daniele De Rossi, che prima di passare alle giovanili della Roma era fra i pulcini dell’Ostia Mare. ‘Capitan Futuro‘ sta seguendo le orme di Totti per attaccamento alla maglia, con 544 presenze fino all’2 febbraio 2017. De Rossi, che finora ha segnato 55 reti, è anche l’unico calciatore della Roma ad aver preso parte a tre mondiali di calcio. L’affetto dei tifosi non è venuto a mancare (ma si è anzi rafforzato) nel 2008, durante uno dei periodi più difficili della sua vita privata (si veda articolo di Rinaldo Frignani, Corriere.it, 13 agosto 2008).
Il 5 maggio 2002 l’Inter capolista perde con la Lazio, e viene superata sia dalla Juve che dalla Roma, la quale per un soffio non diventa campione d’Italia. Questa è la sesta volta su dodici che i giallorossi guadagnano un secondo posto in campionato.
Il 14 settembre 2003 viene accolto in squadra Cristian Eugen Chivu, il primo difensore rumeno della storia giallo-rossa, poichè Florian Radu (che giocò nel ’48-’49) era un attaccante e Bogdan Lobont (che fa tuttora parte del club dal 2009) ha il ruolo di portiere. Chivu venne comprato ‘a rate’ dall’ Ajax di Amsterdam, e formò un duetto perfetto con Walter Samuel, finchè venne soprannominato ‘Swarovski‘ a causa dei i suoi numerosi infortuni, cosicchè, dopo tre stagioni, venne ceduto all’Inter. Un altro acquisto del 2003 fu il brasiliano da tutti conosciuto con lo pseudonimo Mancini, che lasciò in dote 59 reti per 222 presenze, e che per via di un goal durante il derby del 9 novembre 2003 venne soprannominato ‘tacco di Dio‘.
All’alba del 27 maggio 2004 Fabio Capello (avvalendosi del suo diritto di recesso dal contratto) lascia la Roma in sordina e la ‘tradisce’ per la Juve. A fine campionato l’allenatore verrà raggiunto anche dal brasiliano Emerson, che, da quel momento in poi, nel cuore dei tifosi, si trasformerà da ‘puma‘ in ‘gatto nero‘! In compenso, l’11 settembre di quello stesso anno, viene presentato il francese Philippe Mexès, il quale inizialmente porta non poche complicazioni alla squadra, poichè firma il contratto prima di essersi svincolato dall’ Auxerre, e quindi la società capitolina deve pagare un idennizzo di otto milioni di euro, oltre a rimanere esclusa dal calcio mercato per un anno. Il bel calciatore biondo e dal viso d’angelo, dopo qualche divertente nomignolo (come ‘Hello Kitty‘) diventa titolare e conquista gli spalti, che lo ribattezzano nientepopodimeno che ‘Rugantino‘. Fortemente desiderato da molti club, sia italiani che stranieri, alla fine Mexès cede alle insistenze del Milan, lasciando la capitale dopo sette stagioni (il suo connazionale Vincent Candela rimase invece per nove stagioni, dal 1997 al 2005).
Il 12 ottobre 2005 segna l’addio della più celebre tifosa romanista, la signora Luisa Petrucci, che seguiva sempre ed ovunque la squadra con il suo ombrello giallo e rosso. Questa insegnante in pensione (che iniziò a professare la ‘fede’ romanista fin dai tempi della seconda guerra mondiale) era ‘l’angelo dei ragazzi del C.U.C.S.’, poichè era diventata un punto di riferimento dei giovani ultrà della curva sud (in quali a volte vivevano situazioni di forte disagio sociale).
Dopo Cesare Prandelli (che si ritira quasi subito per gravi ragioni familiari) si ritroverà stabilità in panchina soltanto il 28 agosto 2005 con l’arrivo di Luciano Spalletti, l’allenatore toscano che si era distinto per aver portato l’Udinese per la prima volta in Champions League. Spalletti, sia nel 2008 che nel 2006, farà sì che la Roma resti imbattuta per dodici partite consecutive, un record che raggiunse soltanto Herbert Burghess nel 1931.
Il 22 ottobre 2006 arriva il primo e finora unico montenegrino della storia romanista, l’attaccante Mirko Vucinic, che viene preso in prestito dal Lecce e poi riscattato per dodici milioni di euro. Il ‘Maradona dei Balcani‘ resterà in giallo-rosso fino al 2011, lasciando in eredità 64 reti e come successore l’argentino Pablo Daniel Osvaldo, che segnerà trenta reti in sole due stagioni. In ogni caso, anche il campionato 2006-2007 si concluderà senza scudetto, nonostante lo scandalo ‘calciopoli’ abbia retrocesso la Juve in serie B ed inflitto sanzioni ad altre temibili avversarie come il Milan, la Lazio e la Fiorentina. In compenso, a luglio Totti, De Rossi e Perrotta si consacrano ‘campioni del mondo’. Simone Perrotta (inglese di nascita, e calabrese di adozione), giocava nella Roma già dal 2004, e vi concluderà la sua carriera nel 2013, con 49 reti e 326 presenze.
Il 10 ottobre 2006 il calciatore Rodrigo Taddei, durante una partita di Champions con l’ Olympiakos di Atene, mette in atto il gesto tecnico dell’ ‘aurelio‘, un particolare dribbling così chiamato in onore del vice di Spalletti, Aurelio Andreazzoli, il quale aveva incoraggiato il fuoriclasse brasiliano ad avvalersene anche in partite importanti, e non solo in allenamento.
Il 4 febbraio 2007 viene rimandata la partita Roma-Inter in segno di rispetto per la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, avvenuta due giorni prima durante il derby siciliano Catania-Palermo.
Il 17 giugno 2007 stabilisce che Francesco Totti avrà la sua Scarpa d’Oro, per essere stato, con 26 goal in campionato, il miglior marcatore europeo della stagione (l’anno seguente la vincerà per la prima volta Cristiano Ronaldo).
Il 17 agosto 2008, dopo aver innalzato la nona Coppa Italia, ci lascia Franco Sensi, ormai malato da tempo. La celebrazione funebre si svolse nella basilica di San Lorenzo al Verano, che vide il piazzale antistante gremito da una commossa e silenziosa folla di tifosi (pronti a donare una simbolica sciarpa gialla e rossa al Presidente).
Al padre Franco Sensi subentra la figlia Rossella, che si ritrova in una situazione difficile, poichè la società è fortemente indebitata. La seconda donna presidente della storia del club assume come allenatore il testaccino Claudio Ranieri (che si è poi dimesso nel 2011) e che è stato, per il suo lavoro con la squadra inglese del Leicester City, eletto dalla FIFA migliore allenatore del 2016.
Roberto Cappelli (2011, da luglio a settembre), Thomas Di Benedetto (2011-2012), James Pallotta (dal 2012 ad oggi)
Nel 2011 Rossella Sensi decide di cedere tutte le quote dell’A.S. Roma al gruppo bancario Unicredit, ed in questa fase transitoria diventa presidente l’avvocato Roberto Cappelli.
Il gruppo Unicredit (rappresentato, per questa transazione, dai banchieri Paolo Fiorentino e Piergiorgio Peluso) vendette poi il 60% della società ad una cordata di imprenditori statunitensi (Richard D’Amore, Thomas Di Benedetto, James Pallotta e Michael A. Ruane), ed a Thomas Di Benedetto venne, il 27 settembre 2011, affidata la presidenza, cosicchè la Roma ebbe il suo primo patron straniero. Bostoniano di origini salernitane, Di Benedetto, prima di diventare industriale e finanziere, aveva studiato economia al college, e con i suoi tre soci (all’epoca colleghi di studio) già progettava di comprare la Roma. Tuttavia, dopo un solo campionato (dove la squadra non oltrepassa l’ottavo posto) Di Benedetto cede la presidenza a James Pallotta, il quale è anche azionista dei Celtics, una nota squadra bostoniana di basket. Pallotta ha rilevato da Unicredit anche il restante 40% dell’A.S. Roma, e fra gli astri della sua corte brilla Alessandro Florenzi, il giovane terzino romano che dal 22 maggio 2011 ha segnato 24 reti, e che è accomunato a Totti anche per il fatto di aver giocato nella Lodigiani. Ale si sta riprendendo da un infortunio avvenuto lo scorso ottobre, e di lui resta positivamente impresso anche quel cartellino giallo che prese dopo il goal al Cagliari del 21 settembre 2011, quando è corso ad abbracciare la nonna seduta in tribuna, che fino a quel momento non lo aveva mai visto giocare dal ‘vivo’.
James Pallotta assume come allenatore il francese Rudi Garcia, che debutta il 25 agosto 2013, e che durante la sua prima stagione consegue dieci vittorie consecutive. Di Garcia resta celebre l’immagine del 5 ottobre 2014, quando mima una ‘sviolinata’ dopo un decisivo rigore concesso alla Juve. Questo gesto gli costerà un’espulsione, una diffida ed una multa, seppur il significato che vi era sotteso resta variamente interpretabile. L’era Garcia è contrassegnata anche dalla bravura e simpatia dell’ ivoriano Gervinho , la ‘freccia nera‘ che l’anno scorso è stata ceduta ad una squadra cinese.
Il 26 marzo 2014 viene presentato in Campidoglio il progetto dello stadio della Roma, che sorgerà al posto del vecchio ippodromo di Tor di Valle, e che potrà contenere fino a 60.000 spettatori. Tuttavia, quest’opera rimane al centro di polemiche sia per la sua posizione troppo periferica e sia perchè, secondo l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, l’area ad esso destinata è a rischio esondazione, in quanto posta all’interno della pianura alluvionale del Tevere (si veda articolo di Guido D’ Ubaldo, corrieredellosport.it, 9 novembre 2016).
Il 3 maggio 2014, poche ore prima della finale Fiorentina-Napoli (valida per l’assegnazione della Coppa Italia) viene gravemente ferito a Roma, mentre stava raggiungendo lo stadio Olimpico (sulla via di Tor di Quinto) il trentunenne napoletano Ciro Esposito, per mano armata dell’ultrà romanista Daniele De Santis. La partita venne giocata lo stesso, e Ciro Esposito morì cinquanta giorni dopo al Policlinico Gemelli. Questo tragico evento segnò una tristissima frattura fra due squadre che, tutto sommato, erano sempre state ‘sorelle’ ed aliene da marcate rivalità ed accesi campanilismi.
Il 22 agosto 2015 arriva in prestito dal Manchester City l’attaccante bosniaco Edin Dzeko, poi riscattato dopo pochi mesi, che ha già segnato 32 reti per la Roma, e che è diventato per tutti il ‘cigno di Sarajevo‘. Quello stesso mese ha esordito in squadra anche l’egiziano Mohamed Salah, l’autore di 24 reti che attualmente sta disputando con grande successo la Coppa d’Africa.
Il 13 gennaio 2016 viene richiamato in panchina Luciano Spalletti, il secondo allenatore, dopo Nils Liedholm, con più presenze nella storia del club. Alla presente data di campionato la Roma, assieme ad altre grandi squadre, non è molto distanziata dalla capolista Juve e quindi può, ancora una volta, sognare di agguantare il suo quarto scudetto.
Principali fonti consultate:
1) Valerio Albensi. I campioni che hanno fatto grande l’A.S.Roma. Newton Compton Editori, 2013.
2) Valerio Albensi. 1001 storie e curiosità sulla grande Roma che dovresti conoscere. Edizioni Newton Saggistica, 2013
3) Claudio Colaiacomo. Il romanzo della grande A.S.Roma. Newton Compton Editori.
4) Alberto Pallotta ed Angelo Olivieri. Magica Roma. Storia dei 700 uomini giallorossi. Lit Edizioni, 2016.
5) www.arstalenti.altervista.org
6) www.storiadellaroma.it
“La grande popolarità del calcio non è data dalle farmacie o dagli uffici finanziari, ma dal fatto che in ogni angolo del mondo c’è un bambino che gioca a calcio e si diverte con un pallone fra i piedi.” (Zdenek Zeman)