Tra pochi mesi gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimere con il Referendum Costituzionale la loro opinione sul testo della riforma Boschi: anche se non è ben chiaro quando si dovrà andare a votare (la data continua ad essere oggetto di polemiche e rinvii) è giuto fare un po’ di chiarezza sul contenuto e le novità della riforma e su come i cittadini potranno esprimere la loro preferenza.
Il mistero sulla data e gli ultimi sondaggi
Inizialmente il Referendum Costituzionale era stata soprannominato referendum d’ottobre 2016: da luglio sono circolate le notizie che parlavano di uno spostamento della consultazione a novembre. Prima si parlava del 6 (la prima data utile dopo il ponte di Tutti i Santi), ma ora le opzioni più probabili sembrano le tre domeniche successive, ovvero il 13, il 20 e il 27 novembre. Dal punto di vista tecnico nulla vieta al Governo di fissare la data anche al mese successivo, in periodo pre-natalizio, ma questo continuo spostamento di certo non risulta essere particolarmente elegante. La debacle alle Amministrative ha di sicuro influito e non poco sulle certezze palesate dal Premier nei mesi precedenti (quando disse “spero che si voti il 2 ottobre”).
Gli avversari più ostici accusano Renzi di prendere tempo per cercare di trovare il momento migliore per fissare la data del Referendum Costituzionale. La cocente delusione delle Comunali di giugno e le conseguenze dell’eccessiva personalizzazione della consultazione sono fattori che l’Esecutivo sta tenendo in considerazione, ma alla base del continuo rinvio ci sono anche delle motivazioni pratiche: stando alle nuove norme la finanziaria 2017 dovrà ottenere l’ok del Consiglio dei Ministri entro il 12 ottobre, per poi essere inviata a Bruxelles entro il 15; appare chiaro che se il Referendum si fosse tenuto prima di questa data, una vittoria del No avrebbe paralizzato i lavori del Parlamento, con il rischio di far saltare la legge di Stabilità.
E poi c’è la volontà di allungare i tempi della campagna elettorale per cercare di convincere il maggior numero possibile di indecisi a votare per il Sì. Le elaborazioni sulle intenzioni di voto non sono ancora molto chiare: qualche giorno fa i sondaggi mostravano il fronte del No in vantaggio, ma con il numero dei sostenitori della riforma in leggero recupero; dalle parti di Palazzo Chigi sono invece convinti che oggi 4 italiani su 10 voterebbero Sì, 3 No e 3 sono ancora indecisi. L’obiettivo del Governo è quello di portare alle urne almeno il 60% degli aventi diritto al voto, convinti che in questo modo il Sì abbia più possibilità di vittoria. Lo slittamento della data permetterebbe all’Esecutivo di “lavorare” sul gruppone degli indecisi e aumentare le chance di vittoria.
Il contenuto del testo: cosa cambia con la riforma?
Chiarito (per modo di dire) l’aspetto della data, è arrivato il momento di approfondire il discorso relativo ai contenuti della riforma. Il testo del ddl Boschi va a toccare tanti aspetti su cui gli italiani potranno esprimersi con un unico voto: si va dall’addio al bicameralismo perfetto all’abolizione delle Province. Proviamo a fare un rapido riepilogo dei punti salienti della riforma.
Camera e Senato – I Deputati resteranno 630 come oggi e saranno sempre eletti a suffragio universale, però la Camera sarà l’unica ala del Parlamento a poter votare la fiducia al Governo. Viene completamente stravolto il Senato, sia nella forma che nei compiti: sarà composto da 100 senatori, di cui 95 eletti dai Consigli Regionali (74 consiglieri e 21 sindaci) e 5 nominati dal Capo dello Stato (che resteranno in carica per sette anni); la sua competenza legislativa piena sarà limitata solo a riforme e leggi costituzionali (potrà esprimere un giudizio anche sulle leggi ordinarie, ma non sarà vincolante per la Camera, a meno che non riguardi il rapporto tra Regioni e Stato).
Senatori: nomina e immunità – I 95 Senatori verranno ripartiti tra le varie Regioni d’Italia in base al peso demografico; almeno uno per Regione dovrà essere un sindaco; viene spesso sottolineata la legittimazione popolare della nomina dei Senatori: saranno infatti i cittadini ad indicarli quando dovranno votare i Consigli Regionali. I membri del nuovo Senato dei 100 godranno di tutele identiche a quelle dei Deputati: non potranno essere sottoposti ad intercettazione o all’arresto senza l’autorizzazione dello stesso Senato.
Federalismo e riforma del Titolo V – Non ci saranno più materie di competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni. Alcune importanti competenze tornano esclusiva dello Stato (ad esempio infrastrutture strategiche e energia). La Camera, su iniziativa del Governo, potrà approvare leggi che tocano temi di competenza delle Regioni se necessario per tutelare l’interesse nazionale e l’unità giuridica o economica della Repubblica.
Voto in data certa e Corte Costituzionale – I tempi per il voto dei disegni di legge del Governo dovranno essere indicati dai Regolamenti parlamentari; la riforma prevede anche dei limiti all’Esecutivo sui contenuti dei decreti legge. I giudici della Corte Costituzionale non saranno più eletti dal Parlamento in seduta comune: tre verranno nominati dalla Camera e due dal Senato.
Elezione del Presidente della Repubblica – Novità anche per quanto riguarda l’elezione del Capo dello Stato, che verrà eletto dai 630 Deputati e dai 100 Senatori: i primi tre scrutini richiedono una maggioranza dei due terzi dei componenti, mentre dalla quarta basteranno i tre quinti e dalla settima saranno sufficienti i tre quinti dei votanti.
Referendum e ddl di iniziativa popolare – Per i referendum che hanno raccolto almeno 800.000 firme ci sarà un quorum più basso, infatti affinché l’esito sia valido basterà un numero di voti pari alla metà dei votanti alle ultime elezioni politiche (anziché la metà più uno degli aventi diritto richiesti per i referendum che raccolgono meno firme). La riforma introduce anche i referendum propositivi, le cui modalità di attuazione verranno definite da una legge ordinaria successiva. Per presentare un disegno di legge di iniziativa popolare saranno necessarie più firme: non ne bastano più 50.000, ma ne serviranno 150.000; il testo della riforma prevede però che i Regolamenti della Camera stabiliscano i tempi precisi per l’esame.
Legge elettorale – Se vince il Sì verrà introdotto il ricorso preventivo alla Corte Costituzionale per quanto riguarda le leggi elettorali: dovrà farne richiesta almeno un quarto dei componenti della Camera. Una norma transitoria prevede che si possa sfruttare il ricorso preventivo anche in questa legislatura, quindi anche l’Italicum potrebbe esserne oggetto.
Abolizione di Province e Cnel – Per procedere con la loro abrogazione definitiva, le Province vengono cancellate dalla Costituzione. Abrogazione anche per il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro: il Cnel è un organo costituzionale.
Riassumendo si può quindi dire che il Referendum Costituzionale di novembre (?) 2016 sarà importante perché una vittoria del Sì porterebbe novità per quanto riguarda il riassetto dei poteri delle due ali del Parlamento, con il ruolo del Senato nel processo legislativo che viene decisamente ridimensionato; anche se la riforma non va a toccare quelli che sono i poteri del Governo, di fatto questi saranno amplificati, visto che solo la Camera dei Deputati potrà concedere la fiducia e approvare la gran parte delle leggi e che con l’Italicum alla lista che ottiene il maggior numero di voti alle politiche viene assegnato un premio di maggioranza decisamente elevato.
Come si vota al Referendum Costituzionale 2016
Come abbiamo detto qualche riga fa, gli italiani potranno esprimere il loro parere sul testo della riforma con un unico voto: in passato erano circolare le voci sulla possibilità di un frazionamento, ma non sarà così. In parole povere il cittadino potrà fare un solo segno sulla scheda elettorale con il quale promuoverà o boccerà la riforma nella sua totalità. Le operazioni di voto saranno molto semplici: nella scheda verrà riportato il quesito e due grandi caselle: barrando quella con la scritta Sì si esprime un voto a favore della riforma, mentre barrando quella con la scritta No si esprime la volontà di bocciare il testo. Ribadiamo anche che si tratta di un Referendum Costituzionale, quindi, a differenza di quello sulle trivelle in mare di aprile, non è necessario raggiungere un quorum: vince l’opzione che raccoglie più voti a prescindere dal loro numero.