Il 17 aprile si torna a votare con il referendum Trivelle 2016: gli italiani dovranno esprimere la loro opinione in merito allo stop al rinnovo fino ad esaurimento dei giacimenti delle concessioni alle società energetiche per le attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio entro le 12 miglia dalle coste; se vince il Sì le concessioni non verranno rinnovate alla loro scadenza, mentre se vince il No la legge rimane invariata. In questo articolo vediamo perché votare Sì e nei prossimi giorni verranno illustrati i motivi per cui votare No.
Il quesito del Referendum Trivelle 2016
Prima di vedere per quali ragioni le persone possono decidere di votare Sì, bisogna fare un paio di precisazioni riguardo al quesito, argomento di cui abbiamo parlato qualche giorno fa; innanzi tutto bisogna precisare che entro le 12 miglia dalla costa esiste già un divieto per nuove attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio: questo significa che il referendum Trivelle riguarda solo gli impianti che già esistono. L’esito della consultazione popolare coinvolge 21 concessioni: la norma attualmente prevede che queste abbiano una durata base di 30 anni, prorogabile una prima volta per 10 anni e altre due volte per 5 anni prima di poter essere rinnovata fino all’esaurimento del giacimento. Se vince il Sì l’ultimo rinnovo non potrà più essere concesso. Bisogna anche tenere a mente che per vedere i primi risultati concreti dell’esito del referendum Trivelle si dovrà aspettare un po’: tra gli impianti coinvolti, quelli più vecchi sono stati costruiti negli anni ’70, quindi verranno chiusi solo tra cinque o dieci anni; per la chiusura delle strutture più moderne ci sarà da aspettare anche fino ad una ventina d’anni.
Perché votare Sì il 17 aprile?
Ora che il quadro è un po’ più chiaro, vediamo perché votare Sì (ribadendo che nei prossimi giorni verranno illustrate anche le ragioni dei sostenitori del No). Greenpeace ha elencato i sei buoni motivi per cui votare Sì al referendum del 17 aprile 2016. Il primo non riguarda direttamente il quesito, ma ha più una valenza politica: secondo l’associazione Renzi ha voluto anticipare la consultazione in modo da ridurre i tempi della campagna elettorale e dare meno tempo ai cittadini per informarsi; andando a votare si darebbe un segnale che con questi escamotage non si può fermare la democrazia. Il secondo motivo è invece strettamente legato al quesito: quando si parla di trivelle in mare non è possibile escludere l’eventualità che accada un incidente: in un mare chiuso come è il nostro Mediterraneo, le conseguenze di un disastro petrolifero sarebbero molto gravi e praticamente irreversibili. Il terzo punto a favore del Sì è rappresentato dal fatto che gli impianti che sono presenti sul mare italiano rappresentano un pericolo troppo grande per le coste (con effetti su pesca, fauna, turismo) rispetto alla bassa quantità e alla scarsa qualità di petrolio estratto. Il quarto motivo per esprimere voto favorevole al referendum riguarda i petrolieri, gli unici che guadagnano dagli impianti offshore italiani: per poter estrarre l’oro nero, le compagnie petrolifere devono pagare delle royalties; per trivellare nei mari italiani si pagano i diritti più bassi del mondo (ovvero il 7% del valore di quanto viene estratto). La quinta ragione per cui votare Sì: bisogna evitare di far diventare il mare una sorta di far west delle compagnie petrolifere; la vera ricchezza dell’Italia non è il petrolio, ma la bellezza delle coste, fondamentali anche per la nostra storia e la nostra cultura. Infine con il sesto punto viene ricordato che continuare a trivellare i fondali del Mediterraneo non servirà a risolvere la dipendenza energetica da altri Paesi: le riserve di petrolio presenti nei mari italiani coprirebbero al massimo 7 o 8 settimane dei consumi nazionali, mentre per il gas si riuscirebbe a tiare avanti per sei mesi; ne vale la pena per così poco?
L’appello di chi vuole fermare le trivelle
Oltre a Greenpeace, che da tempo lotta contro le trivelle in mare, anche l’Ordine Nazionale dei Biologi si è schierato a favore del Sì. Il presidente dell’ONB, Ermanno Calcatelli, ha detto che la posizione dell’Ordine non è di natura politica, ma solo legata alla voglia di preservare gli habitat marini: serve un’economia attenta alla tutela dell’ambiente e alla biodiversità per evitare che i combustibili fossili possano creare enormi danni entrando in contatto con l’ambiente marino. Sul sito fermaletrivelle.it c’è un appello (a cui hanno aderito, oltre alle varie associazioni ambientaliste anche tante persone famose) che sottolinea come le trivelle siano il simbolo tecnologico del petrolio, una vecchia energia fossile che causa inquinamento, conflitti, diependenze economiche e protagonismo delle grande lobby.