In meno di un mese si susseguono almeno 4 incontri per tornare alla terra tra Ivrea e Biella. I ragazzi di Agraria di Torino che con i profughi prendono in gestione i meleti a Maglione, quelli dei Semi di Serra che progettano una mensa a km 0 a Roppolo e lo raccontano a Salviamo il paesaggio a Sala Biellese, l’Agenzia della Serra che a Mongrando venerdì 17 maggio riunirà intorno a un tavolo istituzioni e cittadini per tornare agricoltori e, infine, la fondazione Pistoletto cha alla Città dell’arte di Biella farà del ritorno alla terra la sua proposta per il Terzo Paradiso.
“Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura e la politica a restituire vita alla Terra, congiuntamente all’impegno di rifondare i comuni principi e comportamenti etici, in quanto da questi dipende l’effettiva riuscita di tale obiettivo.” Così spiega Michelangelo Pistoletto che con la sua fondazione convoca associazioni, cooperative sociali e cittadini che si stanno occupando di orti e di ritorno alla terra nel Biellese. L’appuntamento è per domenica 19 maggio dalle 9.30 fino alle 23.00 alla Città dell’arte a Biella – – in via Serralunga 27.
E restituire la vita alla terra è proprio l’obiettivo dei ragazzi di Agraria di Torino e dei profughi del Ritz che a Maglione stanno lavorando in tre meleti abbandonati di proprietà della Diocesi di Ivrea. La sera del 3 maggio scorso c’erano almeno 60 persone a sentire la presentazione di questo progetto che vede coinvolti i ragazzi dell’Associazione Piantiamola, alcuni profughi riuniti in ‘Noi quelli del Ritz’, il Comune di Maglione e il Gruppo d’acquisto solidale di Ivrea Ecoredia. “Un progetto che nasce dalla convergenza di bisogni diversi.” – ci ha spiegato Patrizia di Ecoredia – “ Da un lato, la ricerca da parte dell’amministrazione del Comune di Maglione, di valorizzare una tradizione agricola, quella della frutticoltura, che è stata molto forte e rischia oggi di venir meno sotto il peso dell’invecchiamento e la mancanza di ricambio degli agricoltori locali e la stretta di un sistema di distribuzione che penalizza i piccoli produttori e li tiene costantemente sotto ricatto. Dall’altra parte, c’è l’aumento, sul territorio, della domanda di prodotti sani, possibilmente biologici, domanda in parte intercettata e sostenuta dai Gruppi d’Acquisto Solidale del Canavese, che si riconoscono nell’Associazione Ecoredia: la condivisione dei bisogni comuni e la ricerca collettiva delle possibili soluzioni, portano i gruppi d’acquisto a diventare promotori del cambiamento, soprattutto nell’ambito della filiera del cibo. E, non ultimo, vi è l’interesse di creare delle opportunità di lavoro per giovani che manifestano il desiderio di tornare all’attività agricola. Dall’incontro di queste esigenze complementari, è nata un’idea di collaborazione che è riuscita a coagulare l’interesse e le competenze di altre realtà: l’interesse di un gruppo di giovani neolaureati dell’Università di Agraria di Torino a iniziare esperienze lavorative sul questo territorio, l’offerta di formazione e di strumenti organizzativi da parte dell’AIAB (Associazione Italiana per l’agricoltura Biologica), la disponibilità di terreni piantati a frutteto della Diocesi di Ivrea, la ricerca di occasioni lavorative per i giovani immigrati dal Nord Africa organizzati a Ivrea dai volontari di ‘Noi, quelli del Ritz’”.
È proprio il superamento di quella contrapposizione tra salvaguardia dell’ambiente e diritto al lavoro che ha caratterizzato buona parte degli ultimi decenni che ci colpisce. Finché eravamo in una fase di crescita economica, o supposta tale, quando la società termo industriale dispiegava tutta la sua potenza dilapidando risorse ma, anche, distribuendo reddito attraverso l’occupazione nei paesi occidentali e i servizi del welfare, chi poneva l’accento sull’ambiente era visto come un nemico da parte di chi poneva innanzitutto il bisogno di reddito e lavoro. La crisi che stiamo vivendo sta mostrando tutti i limiti di questa dicotomia, che appare sempre più falsamente ideologica. Sta invece maturando la consapevolezza di un cambio di paradigma in cui la salvaguardia del territorio, e quindi anche il ritorno alla terra, si debba coniugare con la creazione di nuova occupazione.
“Non siamo una particolarità” dice Elisa che da poco ha finito di potare i meli dei frutteti della Diocesi a Maglione “perché in giro per l’Europa ci sono molti giovani che stanno tornando a lavorare la terra. Ci siamo laureati alla facoltà di agraria, ma vogliamo provare il lato pratico. Per questo abbiamo costituito l’Associazione Piantiamola per trovare terreni incolti. A Maglione abbiamo trovato un’accoglienza molto attenta”. Effettivamente tra le persone presenti nel salone polifunzionale si riconoscevano parecchi contadini del paese, che stanno aiutando e sostenendo i ragazzi e gli immigrati nel lavoro al frutteto. Anche Ecoredia ha scelto di aiutare concretamente il lavoro nei campi di Maglione lanciando una campagna di prefinanziamento della produzione di mele, “Adotta un albero”, per la raccolta delle risorse finanziarie necessarie per avviare il progetto. Lo stesso Istituto Diocesano ha destinato un contributo economico per impiegare due dei profughi del Ritz nei lavori del frutteto al fianco dei giovani.
Questo incontro tra salvaguardia del territorio e opportunità di lavoro è stato il filo conduttore dell’incontro che si è svolto a Sala Biellese presso Andirivieni il 21 aprile scorso. Era la giornata della Marcia per la Terra promossa da Salviamo il paesaggio e tra Biellese e Canavese è stato organizzato un incontro per fare dell’agricoltura un’opportunità di lavoro e di salvaguardia dell’ambiente. Pancrazio Bertaccini dei Semi di Serra ha spiegato come a Roppolo vogliano rafforzare le mense delle scuole del paese costruendo l’opportunità di forniture per gli agricoltori locali. Con ‘Semensa’ verranno individuate infatti le esigenze di forniture di cibo delle scuole di Roppolo e Viverone e verificata la possibilità attuale degli agricoltori locali di usarle come opportunità. Verranno anche censiti i terreni incolti del paese e avviata una cooperativa per lavorarli, usando le forniture delle mense come volano. Non è stato nascosto che, rimanendo nella logica dell’agricoltura intensiva e della grande distribuzione, questo cambio di paradigma non è possibile. C’è bisogno di un cambiamento sia della filiera che della modalità di formazione dei prezzi. L’agricoltore è ora strozzato dall’imposizione dei prezzi di mercato, che non riconoscono il suo lavoro e lo spingono verso il produrre sempre di più a scapito del rispetto della terra. Molti contadini stanno tornando infatti alla vendita diretta, vecchia pratica che consente di sganciarsi almeno in parte da questi meccanismi. C’è bisogno, così come mostra Maglione e la storia del frutteto, di un’alleanza tra produttori e consumatori che faccia di queste esperienze non dei casi isolati, ma un nuovo sistema.
E di questa possibilità si parlerà anche a Magnano, venerdì 17 maggio, alle 21.00 presso la Chiesa di Santa Marta. L’Agenzia della Serra e il Comune di Magnano hanno invitato il sindaco di Piverone, i Semi di Serra e Slow food a parlare di come diventare ‘Di nuovo agricoltori’ . Verificheremo in quella serata se questa strada può essere il modo di riscoprire la collina della Serra, i suoi paesi e le sue terre semi abbandonate.
Se tre indizi fanno una prova, quattro appuntamenti sul ritorno alla terra in un’area circoscritta tra Anfiteatro morenico e Biellese fanno una concreta ipotesi di lavoro comune.
L’abbandono della terra, il suo depauperamento e la disoccupazione endemica sono fenomeni sociali che noi italiani conosciamo bene. Per un secolo e mezzo abbiamo straparlato di ‘Questione meridionale’, cercando (in buona o malafede) di risolverla portando là industria e lavori pubblici. Non è mai stata valorizzata la risorsa più ricca che il sud ha: l’agricoltura. Ora che si sta palesando una enorme ‘Questione meridionale’ di tutto il sud Europa non possiamo cascare nei medesimi tranelli. Specie in una fase recessiva in cui diventa ridicolo propagandare il mito della crescita. Ha molto più senso promuovere l’abbondanza frugale di Latouche “Nel settore agricolo è concepibile creare posti di lavoro senza crescita della produzione, a condizione di sacrificare la produttività artificiale del lavoro acquisita grazie a tecnologie che degradano l’ambiente e di abbandonare l’agricoltura industriale. Per esempio, secondo uno studio, in Francia si potrebbero creare 90.000 posti di lavoro se si passasse dal 2% attuale di agricoltura biologica al 9% dell’Austria. Non si tratterebbe di un ritorno alla situazione del XIX secolo, quando più del 40% della popolazione attiva apparteneva al mondo agricolo. Grazie a un progresso tecnico appropriato, si starebbe tra il 10 e il 20%, cifra ragionevole se confrontata con la situazione attuale (tra il 3 e il 5%)”
E se a questo ragionamento aggiungiamo un altro dato: la crescita della disoccupazione che tra i giovani è arrivata al 40%, allora non possiamo che trovare semplicemente di buon senso il ritorno alla terra. Dopo due generazioni di abbandono non sarà facile, ma ce la possiamo fare.
Questo articolo è stato scritto per Varieventuali di Ivrea
Salve, sono Mavia di “Piantiamola!Coltivare il cambiamento”, vorrei solo segnalare che il link alla nostra associazione è sbagliato. Questo è il link del nostro blog.
http://coltivareilcambiamento.blogspot.it/p/statuto.html
arrivederci