Non si era mai parlato tanto del CNEL quanto lo si sta facendo in questi mesi: la sua soppressione è uno dei punti della riforma costituzionale che viene ricordato più spesso, ma probabilmente non tutti sanno che cos’è e a cosa serve questo organo previsto dalla Costituzione; cerchiamo di capire quali sono le funzioni del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, quali sono i suoi costi e perché sarebbe giusto chiuderlo (o meno).
Cos’è il CNEL: a cosa serve e perché può essere giusto chiuderlo
L’articolo 99 della Costituzione Italiana (quello che con una vittoria del Sì al referendum del 4 dicembre verrebbe cancellato) definisce il CNEL come un ente composto da esperti e rappresentanti delle categorie produttive che si occupa di fornire consulenza al Governo e al Parlamento sulle materie che la legge gli attribuisce, che ha iniziativa legislativa e che può contribuire all’elaborazione della legislazione sociale ed economica. Il Consiglio è composto da 64 membri: 10 esperti esponenti del mondo economico, sociale e giuridico (otto vengono scelti dal Presidente della Repubblica e due dal Presidente del Consiglio), 48 rappresentanti delle categorie produttive (22 per lavoro dipendente, 3 per quadri e dirigenti, 9 per il lavoro autonomo e 17 per le imprese) e 6 rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale.
Sulla carta il ruolo di organo consultivo su temi chiave come quelli di natura economica e la funzione di rappresentanza delle categorie produttive appaiono molto importanti, ma allora perché si vuole la soppressione del CNEL (e tra l’altro questo sembra essere l’unico punto della riforma che mette d’accordo la maggioranza degli italiani)? Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è stato indicato subito dai promotori della riforma come l’esempio lampante degli sprechi della politica: in sessant’anni di esistenza la sua attività si è limitata a 970 documenti (la maggioranza sono testi di osservazioni e proposte, rapporti e studi, dossier sui convegni, protocolli e relazioni), ma tra questi figurano solo 96 pareri e 14 disegni di legge (nessuno dei quali, tra l’altro, è stato approvato dal Parlamento). Forse sono numeri un po’ troppo bassi per un organo che costa 15/20 milioni di euro all’anno, anche se sulle cifre non tutti sono d’accordo (c’è anche chi dice che i costi non vanno oltre gli 8/12 milioni).
C’è chi dice No: l’abolizione del Consiglio non è una soluzione
Insomma, per molti il CNEL rappresenta uno spreco di denaro pubblico e visto che la sua attività finora non è stata particolarmente rilevante viene indicato come un organo sacrificabile. Ma ci sono delle cose da precisare: anche se, come detto, pure tra quelli che voteranno No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ci sono molte persone favorevoli all’abolizione del CNEL, c’è chi difende l’ente. Se una cosa può essere utile ma non funziona bene, la sua cancellazione non è una soluzione: sarebbe meglio cercare di migliorarla, rendendola più produttiva e meno pesante economicamente parlando. C’è anche chi dice che la soppressione del CNEL è solo “uno specchietto per le allodole”, nel senso che darebbe origine ad un risparmio minimo, perché bisogna considerare il fatto che i membri non potranno essere licenziati (passeranno alla Corte dei Conti) e che la sua lussuosa sede (villa Lubin) non verrà di certo demolita.
A prescindere da tutto fa un po’ riflettere il fatto che in molti sono venuti a conoscenza di questo organo solo quando si è iniziato a parlare della sua soppressione: nel giro di pochi mesi è diventato talmente importante da meritarsi un posto nel quesito che sarà stampato sulla scheda del referendum. Gli italiani decideranno le sorti della riforma domenica 4 dicembre 2016 tracciando un segno sulla casella del Sì (per confermarla) o su quella del No (per respingerla): si può votare dalle 7:00 fino alle 23:00 e, trattandosi di un referendum confermativo, non c’è il quorum.