Harmony Korine attualizza l’ormai classico topos dell’analisi dell’estetica Mtv e dei giovani americani
Si scrive molto (almeno nei siti e sui giornali specializzati) di Spring Breakers di Harmony Korine, che dopo il passaggio in concorso a Venezia è approdato il 7 marzo al cinema. Sicuramente è un film che offre spunti di riflessione, in particolare sul senso di mostrare ancora oggi la faccia segreta e inquietante dei giovani americani. Di certo non si tratta di una novità, lo stesso Korine ci ha mostrato nei suoi film precedenti freaks e borderline di ogni sorta, ma qui ci porta nel cuore dei “fighetti” e della gente “giusta“.
I ragazzi cresciuti a pane e Mtv negli ultimi quindici anni avranno probabilmente avuto modo di imbattersi in un programma intitolato “Spring Break“: un’orgia colorata e loud di corpi sexy e rigorosamente sovraesposti, sole, piscina e musica live, una celebrazione dell’inizio della primavera e di quell’estetica della tv musicale americana che nel corso degli anni ha permeato e contagiato gran parte dell’immaginario audiovisivo occidentale. Montaggio frenetico, colori ipersaturi, divertimento assoluto e senza pensieri, sesso, plastica: questi alcuni degli elementi tipici. Ed è da qui che Korine parte per introdurci nel mondo sordido del dietro le quinte, del dopo, di ciò che accade una volta spente le telecamere; ma, come il berlusconismo, l’estetica di Mtv non sparisce, anzi si trasforma, si adatta ai tempi, e come sempre li modella a sua immagine e somiglianza.
Oggi Music TeleVision cos’è diventata? Un’accozzaglia di reality show su ragazzine incinte, case da sogno, celebrities avvizzite, palestrati tatuati e rigorosamente idioti, che ha soppiantato la Music della sua sigla tanto da essere rimpianto da molti il glorioso passato, quello che ha comunque regalato ai posteri, ad esempio, l’indimenticabile concerto unplugged dei Nirvana. E allora, ecco che Harmony Korine si inserisce nel filone della deformazione della succitata estetica alla Mtv. Un’estetica più che mai contemporanea, che è appunto figlia dell’attuale linea editoriale all’insegna dell’omologazione dell’involgarimento sempre più spinto anche da parte di coloro che sembrerebbero le più innocenti di tutte, le ragazzine del Disney Show (ma Korine ci svela l’ovvio, cioè che le più cattive, le peggiori, sono le pseudo santarelline del mondo Disney, come del resto ci svelarono già i Sex Comix undeground), dalla timorata di dio Selena Gomez alla Britney Spears evocata più volte nel corso del film (in particolare in una sorta di inserto videoclip della canzone Everytime intonata dai protagonisti, su tutti un laido ma romanticamente ingenuo James Franco).
Se riferimenti e modelli vanno citati, uno forse dimenticato o ignorato è senza dubbio, per chi scrive, Gregg Araki, che l’immaginario Mtv ha rielaborato, criticato, dileggiato, copiato e contribuito a rinverdire (peraltro con scarso successo, si veda il progetto abortito di This is how the world ends). Araki ci ha mostrato per anni i ragazzi americani alle prese con sesso, droghe, relazioni, voglia di fuga, scontri con l’età adulta, e lo ha fatto con un montaggio frenetico e con uno stile iperrealista quasi da cartone animato. Korine riprende il discorso immergendolo in un ipnotico e suadente acquario sognante fatto di pura inconsistenza, un flusso di immagini e suoni che si accavallano e si ripetono come in un delirio da perdita di coscienza e di conoscenza, un lasciarsi andare all’ineluttabile lento e rarefatto, lascivo e caldo, come un sogno bagnato, come vedere su uno schermo, magari a rallentatore, Carmen Electra che danza in bikini nero durante lo Spring Break del 2000