Aspra reazione della Turchia alle parole spese ieri da Papa Francesco sul genocidio armeno. Immediato il richiamo del nunzio apostolico e ambasciatore del Vaticano in Turchia, Antonio Lucibello, al quale il ministro degli Esteri turco ha espresso il totale disappunto di Ankara riguardo alle dichiarazioni del Pontefice, a cui ha fatto seguito il ritiro dell’ambasciatore turco presso la Santa Sede. L’ambasciata turca definisce inoltre calunnioso parlare di genocidio in riferimento agli armeni in quanto “il genocidio è un concetto giuridico e le rivendicazioni in questione non soddisfano i requisiti di legge, anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie”. Non si fa attendere la replica indiretta di Papa Francesco durante l’omelia della messa mattutina presso la chiesa di Santa Marta: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Con queste parole il Pontefice rincara la dose di ieri, quando riprendendo le parole di Giovanni Paolo II ha ricordato come l’umanità abbia vissuto nella sua intera storia tre grandi tragedie inaudite: la prima in riferimento al popolo armeno, ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri e ai greci, ed è considerata “il primo genocidio del XX secolo”. La seconda tragedia fu quella perpetrata da nazismo e stalinismo, l’ultima e più recente è rappresentata dagli stermini di massa accaduti in Cambogia, Ruanda, Burundi e Bosnia.
La Turchia, di fatto, continua strenuamente a negare che i fatti avvenuti tra il 1915 e il 1916, sotto il governo dei Giovani Turchi a danno della popolazione armena sia stato un genocidio, impegnandosi diplomaticamente su tutti i fronti per impedire che tale venga considerato dalla comunità internazionale e dalle singole nazioni. Attualmente sono circa 24 i Paesi del mondo che riconoscono il genocidio armeno, tra cui l’Italia, la Francia, che ha anche inserito all’interno del proprio ordinamento il reato per chi continua a negarne l’esistenza, Argentina, e Russia. In Turchia, per contro, parlare dei fatti del 1915-16 o anche solamente nominare il genocidio in relazione agli armeni è reato punibile col carcere secondo l’articolo 301 del codice penale, poiché considerato vilipendio dell’identità nazionale.
Da ricordare che la questione del genocidio è stato ed è tuttora uno degli aspetti più spinosi nelle relazioni diplomatiche e politiche tra l’Unione Europea e la Turchia, sopratutto quando si ipotizzava un possibile ingresso turco nell’ambito europeo.
Anche il Gran Mufti, Mehemet Gormez, massima autorità religiosa islamico sunnita turca, ha espresso indignazione per le accuse rivolte da Bergoglio, considerate prive di fondamento storico e dettate da lobby politiche e pubbliche relazioni, concludendo che “se le società iniziassero a interrogarsi davvero sugli errori del passato, lo stesso Vaticano ne soffrirebbe più di chiunque altro”. Un avvertimento che sa tanto di “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.