Il Consiglio Europeo, dopo intensi giorni di trattative, è riuscito a trovare un accordo sulla questione dei migranti: 40.000 richiedenti asilo attualmente ripartiti tra Grecia e Italia saranno redistribuiti tra le altre nazioni europee. Secondo la tabella di marcia approvata dal Consiglio, entro luglio ogni paese deve concordare un numero di migranti da accogliere. Nel testo non si fa riferimento né ad un meccanismo di accoglienza obbligatorio né volontario, lasciando per il momento un margine di ulteriore trattativa per i paesi che ancora si mostrano contrari alla ripartizione dei migranti. Per il momento sono state escluse dalle mete per la redistribuzione l’Ungheria e la Bulgaria, due Paesi che accolgono già un gran numero di richiedenti asilo provenienti dall’est Europa e dalla Turchia.
È prevista inoltre un ulteriore ripartizione, questa volta su base unicamente volontaria, di altri 20.000 richiedenti asilo che arrivano da campi profughi di paesi terzi extraeuropei, il cosiddetto reinsediamento, ovvero il “trasferimento di cittadini di paesi terzi o apolidi, riconosciuti bisognosi di protezione internazionale, in uno Stato membro dell’Eu in cui sono ammessi per motivi umanitari o come rifugiati”. Compiaciuto del risultato ottenuto il premier Matteo Renzi, che definisce l’accordo un “primo passo verso una politica dell’immigrazione europea partendo dal principio assunto che non si tratta solo di un problema dell’Italia o della Grecia ma di tutta l’Europa. Se di fronte a un piccolo numero come 40 mila persone non vi fosse stata solidarietà, sarebbe stata una presa in giro nei confronti dell’Europa, di cui siamo stati fondatori con altri cinque paesi per la libertà, la democrazia e i valori condivisi: non può essere la patria dell’egoismo, ma della condivisione dei valori: aver raggiunto oggi questo accordo è stato davvero importante”, conclude Renzi.
La partita, però, ancora non è chiusa. Il testo dell’accordo non specifica i dettagli e le quote per la ripartizione dei migranti, che saranno nuovamente oggetto di trattativa a luglio, quando i Paesi contrari potranno far valere la loro opposizione al meccanismo delle quote. Per il momento l’Italia deve accontentarsi di questo risultato parziale e confidare nella solidarietà dell’Unione Europea, che come mai nella sua storia si dimostra unione di nome ma non di fatto.