Un 71enne dichiara che l’Italia fa schifo: multa di mille euro per vilipendio alla nazione
È successo in Molise, a Campobasso; un settantunenne che guidava con un solo faro funzionante è stato fermato dai carabinieri e multato; alla contestazione della sanzione si è lasciato sfuggire una frase o meglio la frase che ha reso famosa la vicenda al livello nazionale:“In questo schifo di Italia di merda” che costituisce vilipendio alla nazione. La pena( poi interamente coperta da indulto) è stata decisa dalla Corte d’ Appello di Campobasso e confermata dai giudici della Cassazione.
Ma quante volte si è sentita questa affermazione? Perchè in questo Paese di cose che non vanno ce ne sono tante: tanta ingiustizia, tanta delusione che fanno voglia di scappare, di andare via, lontano come cantava Baglioni.
Ma allora la libertà di pensiero? La libertà di manifestare la propria opinione con ogni mezzo comunicativo e sotto ogni forma? La libertà di dire la propria idea, ciò che si pensa a dispetto che chi la esprima sia un politico, un giovane o un anziano, libertà sancita dall’articolo 21 della Costituzione italiana?
Tutti quelli che, sapendo della vicenda, si sono posti questi interrogativi, hanno avuto delucidazione con la sentenza definitiva dei giudici, i quali hanno prontamente chiarito che la frase pronunciata dall’ anziano rientra nelle offese grossolane considerate un’ estensione dell’articolo 291 del Codice Penale, dichiarando che “è sufficiente una manifestazione generica di vilipendio alla nazione, da intendersi come comunità avente la stessa origine territoriale, storia, lingua e culturale, effettuata pubblicamente”; infatti, secondo fonti del posto, il signore molisano avrebbe fatto accorrere (involontariamente) molte persone incuriosite da ciò che stava avvenendo e manifestato platealmente ciò che pensa del Bel Paese.
Insomma, la morale della singolare vicenda è che non ci sono attenuanti: niente giustificazioni per chi offende la nazione in quanto le circostanze particolari e la storia singola dell’ autore del reato esulano dallo stesso. Quindi se magari vi è capitata una giornata particolarmente nera che ha compresso fortemente il vostro self-control, prima di mettervi al volante, controllate che entrambi i fari siano funzionanti perché potreste incappare in un guaio davvero serio.
Mi spiace che questo articolo sia sfuggito alla mia
attenzione quando è stato pubblicato, ma rimedio ora scrivendo il mio parere. Questo
fatto mi ricorda un articolo, che avevo scritto su queste pagine e che
riguardava la vergogna delle immunità parlamentari. Dove, a un certo punto ho
scritto: “Ci sono affermazioni che nessuno si deve poter permettere di fare,
parlamentari o no, perché se certe “battute” le butta lì un qualsiasi cittadino
si ritrova in tribunale con a carico un risarcimento da esborsare”. Bene, detto
fatto, ciò che era previsto è successo. Ovviamente, se la “constatazione” che
ha fatto questo sfortunato signore di settantuno anni l’avesse pronunciata un
politico, nulla sarebbe accaduto.
I giudici dei tre gradi di giudizio, dovrebbero
sapere che l’infelice frase pronunciata dal settantunenne molisano è un
pensiero comune alla stragrande maggioranza del popolo italiano, un frase detta
abitualmente. E sanno che quando un fatto assume l’aspetto della “consuetudine”
per un popolo, diventa quasi come una legge, un fatto universalmente accettato,
acclarato. Senza quindi assumere l’aspetto del reato e, di conseguenza, non
punito.
Ma i magistrati leggono i giornali, guardano la
televisione, ascoltano la radio, sentono le interviste alla gente in occasione
di talk-show o collegamenti in diretta durante le trasmissioni? Udire frasi
uguali o simili a quella del signore molisano è la norma: allora, se il
vilipendio alla nazione è un reato perseguibile d’ufficio, perché quando accade
in televisione o riportato dai giornali, quindi con un maggior risalto mediatico,
nessuno procede alla denuncia?
Un esempio che vale per tutti, anch’esso scritto su
queste pagine, dovrebbe far riflettere magistrati e cittadini; quest’ultimi
quando si recano nelle urne o quando prendono le parti di chicchessia, senza
valutare che cosa hanno fatto concretamente per rendere la giustizia equa, dove
la legge è uguale per tutti, e non che tutti non sono uguali di fronte alla
legge. Il fatto riguarda Bossi, tanto per cambiare, nel giorno della proclamazione
dell’indipendenza della Padania. Per lo scopo viene organizzata una
manifestazione sulle rive del Po, la cui fase finale si svolge a Venezia, in
Riva degli Schiavoni, dove Umberto Bossi, dopo aver ammainato la bandiera
tricolore italiana, fa issare quella con il Sole delle Alpi, proclamando
l’indipendenza padana. Ha ammainato il tricolore sostituendolo con il vessillo
padano. Questo è vilipendio alla bandiera italiana e alla Nazione, non la frase
che quel signore ha imparato a forza di sentirla dire, tanto da diventare un
intercalare, negando uno dei più elementari diritti delle persone: l’espressione
del proprio pensiero.
Alberto Bonfigli