Cosa sono i voucher? Quali lavoratori riguardano? Come funziona il pagamento di una prestazione lavorativa mediante tale strumento? Queste sono solo alcune delle questioni che desideriamo trattare e dunque chiarire di seguito, in conseguenza della crescita sempre più tangibile dell’utilizzo di tali voucher, in qualche modo utili a contrastare il lavoro in nero.
Nuove regole e informazioni sui voucher
Putacaso un datore di lavoro intendesse concedere una retribuzione legale per un certo tipo di ‘lavoretto’ stagionale il quale, per tradizione, si dovrebbe pagare in nero, i detti voucher calzerebbero a pennello al caso. Esatto, lo scopo con cui i buoni lavoro vennero ideati riguarda proprio la remunerazione secondo legge di quei lavori stagionali, temporanei oppure di prova iniziale del dipendente, prima dell’eventuale assunzione effettiva.
Il datore di lavoro potrà in questo modo acquistare i voucher in diverse sedi (anche dal tabaccaio) e in diversi tagli. Considerando la grandezza minore, 10 euro, l’importo sarà così suddiviso: 7,50 euro andranno al lavoratore, e 2,50 euro vengono automaticamente incassati da Inail e Inps, i quali garantiscono la copertura assicurativa e contributiva.
Definito, tutto sommato, il significato dell’argomento in titolo, riprendiamo il discorso lasciato a metà in esergo circa la recente espansione della platea di coloro che utilizzano tale strumento. Prima di arrivare a oggi, i voucher venivano adoperati soltanto per una ridotta manciata di scopi. Si parlava allora di disoccupati, studenti e pensionati che dovevano soddisfare a certi requisiti restrittivi. Ora il discorso cambia, come vedremo meglio di seguito.
Storicamente parlando, la graduale apertura si ebbe già nel biennio 2009-2010 col Governo Berlusconi che, se sommato alla riforma Fornero di due anni più recente, rese il voucher aperto a un panorama di circostanze davvero ampio. L’ultima revisione di tale piano si è vista con il Jobs Act del Governo Renzi che deliberò in tal proposito di aumentare il tetto massimo di contribuzione annua mediante voucher lavoro dai 5 mila precedenti ai 7 mila euro netti attuali.
Le regole di oggi in merito? Possono usufruirne la stragrande maggioranza dei lavoratori e delle aziende a condizione che i lavoratori retribuiti mediante voucher siano accessori e non fondamentali per l’impresa.
Situazione attuale, novità e problemi
Istruiti di quanto scritto, gli importi massimi di oggi percepibili dagli interessati ammontano a 7 mila euro netti annui, come anticipato, 3 mila euro per coloro che ricevono sostegni di diversa entità al reddito e 2 mila euro per i pensionati. Soltanto quest’anno, precisamente da gennaio a ottobre 2016, si è registrato una aumento delle vendite dei voucher pari al 32%; lo scorso anno, rispetto al 2015 la crescita ha toccato il 67%.
Questi dati registrati dall’Inps hanno suscitato sentimenti d’insoddisfazione nella popolazione, nei sindacati, finanche nel Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ne paventa un possibile utilizzo improprio. Il problema che attanaglia i più riguarda lo spauracchio di una precarizzazione ancor più forte di quella registrata in questi ultimi anni alimentata dal successo di tali voucher.
Proprio in conseguenza di tali paure nasce la proposta della CGIL di indire un referendum, che già ha messo insieme circa 3 milioni di firme, con lo scopo di rivedere quanto recentemente introdotto dal Jobs Act in questi termini. Le ultime novità del Governo in conseguenza di tali lamentele parlano di una tracciabilità maggiorata.
Cioè, a dispetto di quanto accadeva fino allo scorso settembre, momento in cui bastava indicare sul voucher soltanto il nominativo del lavoratore e il giorno della prestazione, oggi si dovrà riportare anche il preciso intervallo di tempo (orario d’inizio e di termine) dell’impiego.
Ciò nonostante il problema che sta a monte delle lamentele risiede in qualcos’altro che va oltre le eventuali modifiche alla regolamentazione dei voucher. Molti temono un abuso di tali buoni lavoro a svantaggio della poca convenienza di concedere contratti di lavoro a tempo determinato. Altri li sostengono in quanto unica arma contro il lavoro nero, ribadendo che l’aumento riscontrato non deriva tanto dallo sovrapporsi di questi sul lavoro a tempo determinato, ma deriverebbe bensì dall’emersione del lavoro in nero.