Precipita pericolosamente la situazione nello Yemen, dove da questa notte sono in corso bombardamenti aerei da parte dell’Arabia Saudita, capo di una coalizione che riunisce altri Paesi mussulmani, sulle postazioni dei ribelli houthi. L’intervento saudita arriva in seguito all’avanzata delle milizie sciite, supportate dall’Iran, verso il sud del paese, con l’obiettivo di conquistare la città di Aden, dove si era rifugiato Abed Rabbo Mansur Hadi, presidente destituito e al momento rifugiato in Oman, dove incontrerà i rappresentanti della Lega Araba.
All’intervento armato portato avanti dalla colazione capeggiata dalla corona saudita hanno preso parte Qatar, Kuwait, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti, ovvero quasi tutte le petromonarchie del Golfo ad eccezione dell’Oman.
Dopo anni di sommosse, la rivolta nello Yemen è iniziata nell’ormai lontano 2011, sulla falsa scia delle cosiddette “primavere arabe”, solo dopo la recente scoperta di un importante giacimento di gas naturale nella regione di Saba la situazione per i confinanti stati arabi sembra essere diventata intollerabile.
Gli Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia appoggiano e sostengono l’intervento armato dell’Arabia Saudita nel vicino Yemen, che vede dispiegati 100 cacciabombardieri, 150 mila uomini e diverse unità navali. Il presidente Obama ha offerto ulteriori aiuti logistici e il supporto dell’intelligence americana qualora risultasse necessario per sconfiggere i ribelli houthi. Anche l’Egitto e Giordania si schierano a favore, inviando il primo 12 navi da guerra, per mettere in sicurezza il golfo di Aden al momento sotto attacco, la seconda parteciperà invece dall’alto, con sei caccia F16.
Hanno espresso pareri fortemente contrari la Russia e l’Iran che ritengono pericoloso e controproducente portare il conflitto yemenita sul piano regionale, in quella che può essere considerata una delle regioni più calde e accese del mondo.